POLITICI E CRIMINALI. Quell’abbraccio mortale …

POLITICI E CRIMINALI. Quell’abbraccio mortale …

Succede, succede e può succedere ancora

Le cronache nazionali non ci stupiscono più. A volte diventano un rituale a cui non rubano più la nostra attenzione e ci portano, automaticamente all’assuefazione. Così è stato, e così diventa valida la classica frase “sono tutti uguali e sono tutti alla stessa maniera”.

È diventato un clichè molto ben rodato. I meccanismi che portano a  questo binomio sono sempre gli stessi: catturare quanto più è possibile il consenso per poi entrare, una volta eletti, nei vari olimpi amministrativi o in quelli decisionali che decidono le sorti di un paese, di una comunità o quelli di una città. E a volte si registra una figura, certamente non nuova: il procacciatore di consensi, dicasi in questo caso il criminale, che si attiva per far sì che il piano concordato con il politico porti al successo sperato di questa operazione, o meglio l’esito positivo elettorale.

E da qui si innesca un meccanismo perverso con tanti soldi che girano, con tanti voti comprati, con il consenso dell’elettore che si corrompe, e che spesso e volentieri portano alla realizzazione del progetto tra il criminale  e il politico. In questa prima fase, diciamo così, le cose vanno in porto. Ma è nella seconda fase che il criminale porta al rispetto, diciamo sempre così, degli accordi fatti con il politico. Qualche assunzione nelle ditte che gestiscono i lavori per gli Enti pubblici e grosso modo, anche qui possiamo dire così, i patti vengono rispettati.

A volte il politico, pur di sentirsi “protetto”, mostra indirettamente il criminale come scudo contro i suoi “avversari” o “nemici” politici per imporre sicurezza e senza timore di vedersi minacciato in quanto crede di sentirsi in una botte di ferro.  Capita che il criminale, per altri reati che commette, lo aspettano alcuni decenni di carcere e qui può avvenire il rinsavimento di quello che ha fatto, in genere,  e allora si fa i conti bene bene: la vita sta per finire alla luce delle svariate condanne, le quali la libertà la vedrà solo con il binocolo, e mette in atto un “pentimento”.

Quest’ultimo, se valutato dal magistrato come reale, porterà il criminale alla riduzione della pena. E chi, tra tutti gli altri, tira in ballo? Il politico, anello più debole e facile da colpire. E allora parte una “collaborazione” tra il criminale e la magistratura: vengono a galla reati mai risolti e compiacenze politiche nate da accordi basati sul voto drogato, ottenuto dal criminale a vantaggio del politico che ne ha beneficiato.

La cronaca, e il suo svolgimento, ci dicono questo …

Giovanni Caforio

viv@voce

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