Taranto. CASO ILVA E BILANCIAMENTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DEI CITTADINI

Taranto. CASO ILVA E BILANCIAMENTO DEI DIRITTI FONDAMENTALI DEI CITTADINI

O la borsa o la vita

Durante l’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario, avvenuta sabato a Lecce, Il Procuratore Generale della Corte d’ Appello, Giuseppe Vignola, ha sottolineato, come la questione Ilva rappresenti il fallimento della politica italiana. Sono stati ricordati gli scontri istituzionali, avvenuti durante l’inchiesta del Gip Patrizia Todisco e il Procuratore Sebastio, sul disastro ambientale a Taranto; l’attività della magistratura tarantina impeccabile ed ammantata da un’encomiabile serietà, è stata assediata quotidianamente, secondo il parere di Vignola, da polemiche velenose,  con vere e proprie aggressioni sui rappresentanti dell’inchiesta che hanno sempre conservato un contegno adeguato al loro ruolo.

Anche Mario Fiorella, Presidente Vicario della Corte d’Appello di Lecce, ha sottolineato che il disastro ambientale dell’Ilva è di assoluta gravità per le ricadute sulla salute dei lavoratori e degli abitanti di Taranto e che si è voluto attribuire, impropriamente alla magistratura,  l’esito di un contrasto così violento tra il diritto alla salute ed il diritto al lavoro, entrambi costituzionalmente tutelati. Appare infatti, improprio e pretestuoso, il conflitto tra due diritti fondamentali, che in realtà è stato creato, soltanto per non dover effettuare gli investimenti necessari  che avrebbero garantito entrambi.

Gli interventi di molti giuristi, durante l’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario, hanno sottolineato che l’azienda dà lavoro a 20.000 persone e dunque, l’intera vicenda, è sempre stata legata, ad un ambito di discussione tra politica e magistratura,  generando però, ultimamente, un terzo fattore di complessità rappresentato dall’economia.  L’autorità giudiziaria, di conseguenza, si è ritrovata a farsi carico di problemi socioeconomici e vitali che dovrebbero essere affrontati, invece, in altre sedi. 

E così, appunto “in altre sedi”, si sta svolgendo l’attività dei nostri politici, entusiasti per l’approvazione del decreto legge sulla Terra dei Fuochi e sull’Ilva di Taranto.  Rappresentanti del Parlamento, come l’onorevole Michele Pelillo o l’ex assessore provinciale dell’ambiente del PD,  Mancarelli, ritengono che il decreto n.136 contenga importanti novità di tutela ambientale, con conseguenze sull’attività di risanamento e per lo snellimento delle procedure, senza la riduzione di garanzie ambientali. Ne sottolineano, inoltre, la certezza delle risorse economiche, con la possibilità della ricapitalizzazione e la messa a disposizione dei soldi sequestrati dalla procura di Milano, oltre lo screening sulla popolazione di Taranto e di Statte.

Questo entusiasmo istituzionale stride, inesorabilmente e come sempre, con l’impegno senza tregua degli  ambientalisti che, invece, diffondono i video sulle emissioni notturne dell’Ilva, da trasmettere alla Procura della Repubblica e alla Commissione Europea, come nel caso di Fabio Matacchiera, Presidente del Fondo Antidiossina o come Peacelink che ha consegnato, sempre al Parlamento e alla Commissione Europea, le ultime ricerche sull’inquinamento, causato dagli

idrocarburi policiclici aromatici. Le ricerche attestano la mancata riduzione delle concentrazioni rispetto al periodo 2009-2010.

Antonio Battaglia, aderente all’associazione, ha chiesto agli organismi europei di accelerare la verifica della risposta del governo italiano ai quesiti della procedura d’infrazione per l’inquinamento dell’Ilva.  Ricordiamo anche la polemica, la scorsa settimana, tra il sub commissario dell’Ilva Edo Ronchi e l’associazione Peacelink, guidata da Alessandro Marescotti: ogni giorno era stata rilevata, con il dispositivo tecnico degli ambientalisti, identico a quello dell’Arpa Puglia, una preoccupante percentuale di inquinanti nell’aria, mentre i dati ufficiali erano decisamente rassicuranti. Ronchi, nella polemica, ha parlato di dati non attendibili, cercando di chiarirne le motivazioni.

Ma è certamente difficile pensare che l’aria sia davvero respirabile, come attestato dalle centraline ufficiali, se i dati di queste hanno spesso segnalato, in Ilva, un’aria più salubre che in altri punti della città. E’ difficile essere ottimisti se nel giro di un mese sono morti tre operai.

In questi giorni le altre sedi, di cui parlano i rappresentanti dell’anno giudiziario, “quelle giuste”, come il Parlamento, alle prese con l’analisi del decreto legge sulle Terra dei Fuochi ed i suoi otto articoli, hanno rinviato l’iter legislativo che però, deve essere approvato dal Senato entro il 10 Febbraio. L’interruzione è avvenuta per le gravi ed urgenti priorità del decreto su Imu e Bankitalia. Ma ci chiediamo, può davvero esistere una priorità rispetto alla salute dei cittadini?

A quanto pare sì, se ci riferiamo  alla posizione della Cassazione (20/12/2013) quando ha annullato, senza rinvio, il sequestro preventivo per 8,1 miliardi di euro con il provvedimento disposto dal gip Patrizia Todisco, nei confronti della Riva Fire, la Holding che controlla l’Ilva S.p.a.  La sesta sezione penale ha accolto appunto il ricorso presentato dai legali di Riva ed ha restituito alle Holding i beni.

Ma la posizione della Cassazione si inserisce nell’ idea della Corte Costituzionale (85/2013) che ha dichiarato inamissibili ed infondate, le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal gip Todisco e dal Tribunale di Taranto, sul decreto “salva Ilva” che subordina il diritto alla salute, alle necessità del lavoro e della produzione. Un chiaro contrasto, secondo la magistratura tarantina, con l’articolo n.41 della Costituzione che afferma: “ l’iniziativa privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

La Corte Costituzionale ha invece, affermato che ”non esiste una gerarchia tra i diritti fondamentali, i quali piuttosto vanno bilanciati, in sede politica, secondo un criterio di ragionevolezza. Criterio rispettato con il decreto salva Ilva, trattandosi di assicurare una tutela concomitante del diritto del lavoro e dell’iniziativa economica”.

Si richiede dunque un bilanciamento tra principi e diritti fondamentali senza pretese di universalità per ciascuno di essi.

E  si presenta, come sempre allora, l’ immancabile occasione per “bilanciare” i diritti fondamentali dei cittadini, alla salute e al lavoro: Ilva e sindacati, infatti, in questi giorni, stanno calcolando, procedendo reparto per reparto, gli esuberi dei lavoratori in fabbrica.

Nei giorni passati il conto parlava di 1679 lavoratori in esubero con 795 in acciaieria, 400 in area ghisa e 484 nelle officine.  I controlli si stanno effettuando nell’area laminazione e su energia e staff. I numeri stanno crescendo nell’area a freddo e si parla di altri 2000.

Giovedì si prevede l’incontro tra l’azienda e i rappresentanti delle segreterie territoriali di Fim, Fiom e Uilm e Usb per concordare sui dati e cercare le possibili soluzioni. A metà marzo è imminente la scadenza dell’intesa siglata a Roma lo scorso anno, sui contratti di solidarietà, usati per evitare la cassa integrazione straordinaria.  Il taglio medio dei salari è risultato del 20% con una riduzione media dell’orario di lavoro prossima al 35%.  Nessun reparto è fermo, ma nei prossimi mesi potrebbero fermarsi l’acciaieria 1 e l’altoforno 5 generando la sospensione della produzione in altri reparti.

MARIA LASAPONARA

viv@voce

Lascia un commento