ESTIRPARE IL CAPORALATO, INSIEME SI PUÒ!

ESTIRPARE IL CAPORALATO, INSIEME SI PUÒ!

Interventi di di Antonio Castellucci, Segretario generale Cisl, e di Antonio La FortunaSegretario generale Fai Cisl

I recenti casi di cronaca riguardanti i colpi sferrati, nel territorio brindisino, al caporalato in Agricoltura, grazie all’azione investigativa delle forze dell’ordine, siano valutati per ciò che essi sono realmente: fenomeni criminali in particolar modo al Sud, carcinoma sociale da estirpare alle radici con il concorso attivo di tutti e specie di quanti, politici, ministri, parlamentari, pubblici amministratori ci spiegano, anche in questi ultimi giorni, di avere a cuore la dignità delle migliaia di lavoratrici e lavoratori del settore, italiani e non solo.

Lavoratrici e lavoratori, con i loro bisogni e le loro storie personali e familiari di estreme difficoltà economiche, spesso di sfruttamento, di forte ricatto occupazionale e maltrattamenti, che concorrono con la loro attività lavorativa a dare valore all’enorme potenzialità economica, produttiva ed occupazionale costituita dal settore primario, oltre a determinare fattivamente benefici sociali, come ad esempio implementare il Pil del Paese.

Pil da cui, tuttavia, risultano sottratti circa 20 miliardi/anno a causa delle infiltrazioni  malavitose da cui il caporalato e le agro/mafie traggono linfa.

Occorre mettere in campo, così come avviato in questi anni, non solo azioni repressive da parte degli organi di polizia ma anche momenti sempre più diffusi di informazione e formazione per i lavoratori, coinvolgendo le Istituzioni e gli Enti strumentali del territorio – Itl/Ispettorato del lavoro, Spesal-Asl, Inps, Amministrazioni comunali, Organi di polizia – rispetto a quanto previsto dagli strumenti di legge, specie in questo tempo dell’anno in cui il caporalato prospera stanti le campagne di grande raccolta.

La Cisl e la Fai Cisl, ben consapevoli che in Puglia il caporalato è presente anche in altri importanti comparti produttivi, in particolare per il settore agricolo – dove, peraltro, il rapporto tra addetti donne e uomini è di tre ad uno –  hanno sempre rivendicato, insieme con una decisa svolta culturale, attenzioni peculiari da parte del Governo nazionale, delle Regioni, delle Prefetture, del sistema delle Imprese, sostenendo il valore della partecipazione e della corresponsabilità sociale.

Anche per questo hanno manifestato apprezzamento per la Legge 199/2016 pur considerando che situazioni così radicate non possono essere scardinate dall’oggi al domani, neppure da una Legge dello Stato, né solo con la repressione.

Oggi, però, è necessario, che si dia corso compiuto a quanto essa prescrive, essendosi ascritti agli organi dello Stato, da quelli centrali ai periferici, ruoli e compiti chiari anche di prevenzione del fenomeno e oramai non più rinviabili.

Il Governo e per esso il ministero delle politiche Agricole devono risolvere, a breve, i ritardi a causa dei quali non è ancora insediata la cabina di regia presso l’Inps e pertanto mai decollata sia a livello nazionale che territoriale, al fine di orientare insieme alle parti sociali le ispezioni.

Auspichiamo, poi, che il sistema delle Imprese agricole punti sempre più, anche al Sud, ad una agricoltura moderna, di qualità, con alti standard di sicurezza, perché la stessa tarda a trovare al proprio interno risorse ed energie per contrastare le Aziende votate alla concorrenza sleale, che con il ricorso ai caporali e alle retribuzioni di piazza, retribuiscono mediamente dalle 3 alle 5 euro per ogni ora di lavoro, anziché quelle stabilite contrattualmente, attraverso i contratti provinciali.

Allo stesso tempo, il sistema Imprese, fa un po’ fatica a coinvolgersi nella rete agricola di qualità il cui marchio etico non può essere incombenza burocratica, quanto evidente distinzione tra Aziende che intendano, credibilmente, competere nel mercato investendo su qualità e innovazione; e tarda, altresì, ad implementare le filiere agroalimentari fino alla grande distribuzione ed ai consumatori ed a concorrere al buon funzionamento degli Enti bilaterali di settore, le cui prestazioni normative ed economiche a favore dei lavoratori addetti rischiano di rimanere inutilizzate ed improduttive.

La Cisl e la Fai Cisl hanno plaudito, anche di recente, all’azione propositiva della Prefettura di Taranto che già lo scorso marzo ha insediato un tavolo d’intervento su sviluppo agricolo, diffusione di buone pratiche e, appunto, contrasto al caporalato, ufficializzando la disponibilità delle proprie strutture e dei propri operatori ad azioni di orientamento.

Al contempo, hanno apprezzato l’impegno assunto dal Prefetto di Brindisi, su esplicita sollecitazione della nostra Organizzazione, a costituire analogo tavolo, così da dare forza anche alla contrattazione decentrata, considerando peraltro che nei giorni scorsi è stato siglato il contratto in Agricoltura di questo territorio.

Ora, rispetto a tutto quanto finora rilevato, la Regione Puglia, con la sua assenza all’ultimo incontro in Prefettura a Taranto, seppur giustificata non può dare di sé l’immagine solo di convitata e non invece, chiaramente per le sue specifiche competenze, di soggetto propositivo e decisivo per l’estirpazione di questa piaga sociale, specie per quanto riguarda la questione dei trasporti.

Rispetto alle risorse disponibili per questo capitolo, si parla di alcuni milioni di euro, consideriamo impropria la scarsa disponibilità della stessa Regione a confrontarsi compiutamente con i sindacati per il loro utilizzo nel settore agricolo, sia per quanto riguarda le migrazioni di lavoratrici e lavoratori tra territori extra regionali che per quanto attiene al trasporto verso le campagne spesso recondite e distanti dalle principali vie di comunicazione.

Non per ultimo, con riferimento al “Protocollo sperimentale contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura “Cura – Legalità – Uscita dal ghetto” per i lavoratori stranieri, sottoscritto il 27 maggio 2016 dai sindacati confederali del comparto agricolo con i Ministeri del Lavoro, dell’Interno e delle Politiche agricole alimentari e forestali, nella relativa trasposizione in Puglia – individuata tra le cinque Regioni a maggior rischio e per cui sono disponibili risorse relative al PON sicurezza – permane l’esclusione ingiustificata dei territori di Taranto e di Brindisi, per cui  la Cisl e la  Fai Cisl continuano invano a chiederne l’inclusione ben oltre la visione dei “ghetti” assunta in un primo momento come criterio esclusivo.

viv@voce

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