SAVA. Dalla critica politica alle offese gratuite, diffamatorie e calunniose

SAVA. Dalla critica politica alle offese gratuite, diffamatorie e calunniose

Quando si passa per le carte bollate il discorso cambia. E di che maniera

Che in questo paese commentare in modo critico un operato amministrativo è diventato un atto accusatorio e se ci sono gli estremi per la querela via, davanti al giudice per difendersi. Ormai, da alcuni anni, questo lo abbiamo capito bene. Molto bene. E chi scrive non ne sa solo una di cosa, ma molte ben altre.

Ma andiamo avanti, come al solito, a testa alta e senza timore alcuno. Le accuse sono un conto e il verdetto del giudice è un altro. Lo spauracchio della querela non ci spaventa più di tanto. Tanto è vero che, a furia di notifiche della Procura, si è instaurato un bel rapporto di simpatia con il dipendente del tribunale. E quando su facebook notiamo affermazioni diffamatorie, e per certi versi calunniose, allora ci difendiamo. E di che maniera pure.

E della serie “parlo a nuora affinchè suocera intenda” vengono lanciati messaggi, scritti, sempre dello stesso tono diffamatorio e calunnioso. E abbiamo imparato, ma non lo avremmo mai voluto fare in quanto il dialogo pur serrato è sempre la risposta giusta, a rispondere alle azioni di alcuni che quando digitano su di una tastiera si improvvisano i giudici di turno. Va bene continuate. Fate con comodo.

Eppure, alcuni, hanno studiato diritto, almeno sulla carta, e molte cose le avrebbero dovute sapere. Ma si sa che quando la rabbia è accecante non si conosce nessuna ragione che tenga. I tempi così detti biblici della magistratura li conosciamo tutti. Ma conosciamo anche la fine di questi tempi. E la fine sta diventando preoccupante per questi signori. Senz’altro non stanno facendo sonni tranquilli. Ora vedremo se avranno lo stesso coraggio nell’affermare davanti al giudice il loro “pensiero”, o meglio il loro commento su facebook.

Sono stato tirato per capelli, e di capelli ne ho tanti per fortuna, con accuse assurde. Ma le più pesanti sono cadute (“istigazione a delinquere” e “stalking”). Ora tocca a loro. E anche tutt’oggi continuano a diffamarmi e a calunniarmi. Tranquilli.

Anzi, sono convinto che avete perso la vostra tranquillità. La mia azione non è spirito di vendetta. E’ solo la risposta a chi crede di fare del libero pensiero un’arma di attacco, e di denigrazione, verso chi non lo merita.

E, francamente, non credo, affatto, di meritarlo.

Giovanni Caforio

viv@voce

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