Taranto. L’ADDOLORATA CERCA SUO FIGLIO: SUBLIME RITO A SAN DOMENICO MAGGIORE

Taranto. L’ADDOLORATA  CERCA SUO FIGLIO:  SUBLIME RITO A SAN DOMENICO MAGGIORE

E’ un rito collettivo l’uscita della statua della Madonna

Dinanzi alla Chiesa del 1300, S. Domenico Maggiore, intorno alla mezzanotte, l’apparizione della statua della Madonna Addolorata è suggellata da un fragoroso applauso e da una commozione palpabile e contagiosa; le meravigliose note del brano interpretato dalla Banda Paisiello ne sottendono la drammaticità e l’intensità dell’attesa.

 E’ un’immagine di fede e di spiritualità devota, ma è anche la celebrazione di una donna che ha perso suo figlio. Avvolta nel suo manto nero Maria Addolorata piange la durezza della vita anche per molti di noi. Quando varca la soglia della Chiesa tutti sono davvero turbati, tristi, calati in un’altra dimensione,  più profonda e, anche chi negherà questo stato d’animo, sarà invece consapevole di aver attraversato l’emozione forte del dolore: il dolore del destino umano.

Per chi ha fede e per chi non la possiede, vi è la consapevolezza di un destino che deve comunque compiersi. I volti sono, ora tesi verso la sublime statua, ed ora verso il basso persi, nell’infinito pensiero dell’immensità del mistero o verso i nostri umanissimi dolori quotidiani, perché in fondo si tratta della sintesi della nostra stessa vita.

 E’ un rito collettivo l’uscita della statua della Madonna, perché è la sofferenza di tutti che viene affidata a chi tutto può comprendere,  a chi conosce bene l’amore incondizionato e totale di una madre.

Ma è anche l ‘amore che viene dalla fede,  risolutore per il mondo cristiano,  delle nostre esistenze; una fonte inesauribile di trasformazione in speranza ed in gioia eterna.

La strada che arriva alla ringhiera è affollatissima. Poi parla il Vescovo che si rivolge all’Addolorata, sottolineando la devozione dei  tarantini che non si sono fermati neanche davanti al freddo. “Aiutaci ad andare incontro agli altri e a chi soffre” e poi parla della gente, tanta, che vive drammaticamente la mancanza di lavoro o le tragedie e le morti per inquinamento; ricorda di essere vicino alla Città Vecchia e ai pescatori a cui, nel pomeriggio,  ha effettuato il lavaggio dei piedi e molti di loro si sono commossi. Il Vescovo afferma “Maria esce di notte, è una madre in cerca dei suoi figli, abbiamo bisogno di questo amore totale, della compassione, ma anche della conversione”.

Poi la statua scende la scalinata ed è un’operazione delicata e faticosa; ricordiamo che è alta 1 metro ed 80 centimetri ed è del 1700 di autore anonimo. Appena l’Addolorata arriva sul pendio vi è un altro applauso accorato ed intenso. Ora è l’Orchestra degli Strumenti a Fiato di S. Cecilia a celebrare il rito di Maria che tornerà nel pomeriggio a S. Domenico. La Statua è sulle spalle dei Confratelli che  iniziano la nazzicata, la caratteristica andatura lentissima dei “perdoni”.

Per la sicurezza è presente la Polizia Locale, i Carabinieri e la Polizia di Stato in alta uniforme e per la prima volta i Vigili del Fuoco.  Gli scout ed il servizio civile non hanno circondato le Bande musicali e la Troccola su decisione dell’Assemblea dei Confratelli di S. Domenico e del Priore che ha voluto creare un  rapporto più intimo, “un abbraccio” come afferma l’Arcivescovo, con la folla.

MARIA LASAPONARA

viv@voce

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