TARANTO. Lettera scritta da “Genitori tarantini” per i bambini di Taranto

TARANTO. Lettera scritta da “Genitori tarantini” per i bambini di Taranto

Cara AmInvestoCo, cari Sindacati, siamo i bambini di Taranto e vorremmo vivere. Questa richiesta vi sembrerà assurda, ma è la verità

Questa richiesta di certo vi destabilizzerà, così impegnati in trattative per accordarvi su esuberi e stipendi, mentre falsamente comunicate alle agenzie di stampa che vi stanno a cuore soprattutto ambiente, salute e sicurezza. Una cosa è certa: vi scriviamo non per schiodarvi dai vostri intendimenti, ma solo per inchiodarvi alle vostre responsabilità.

Molti di noi non sanno scrivere, molti non sono ancora in età scolare; troppi non ci sono arrivati e troppi non ci arriveranno. Non conosciamo neppure il significato della parola “lavoro” e, tra noi, in troppi mai lo conosceranno.

Il nostro dovrebbe essere il tempo del gioco, in casa e all’aria aperta, non certo il tempo della chemioterapia e delle giornate passate in letti d’ospedale, in giro per l’Italia.

 

Nostro dovrebbe essere il diritto all’attenzione massima da parte delle Istituzioni tutte e di tutti gli uomini, non quella continua di dottori ed infermieri. A questi ultimi mai dovrebbe essere dato, nonostante tutto l’impegno profuso, di piangere sconfitte umane di enorme portata per assicurare a questa nazione un fantomatico P.I.L. prodotto sulla nostra pelle.

Voi, però, non rispondete a queste logiche; voi andate avanti nutrendovi delle ipocrisie di illuminati dipendenti del mostro che si rivolgono ai cittadini dicendo “se mi trovate un altro posto di lavoro, io mi licenzio anche domani” o anche “se si produce acciaio da altre parti, soffriranno i bambini di quei posti”. Siamo del parere che nessun bambino come noi debba soffrire. Potete tranquillamente chiamarlo “corporativismo infantile”, se volete. Noi lo chiamiamo semplicemente “innocenza”.

I sapienti governanti di questi ultimi anni hanno dichiarato l’acciaio “prodotto strategico per l’Italia”; la maggior parte degli organi di informazione ha cavalcato l’onda commentando che “la nostra nazione non si può permettere di rinunciare alla produzione dell’acciaio, a vantaggio di altri Paesi” e aggiungendo che sono in ballo ventimila posti di lavoro. Lavoro sporco, signori di AmInvesto e sindacalisti. Lavoro che avvelena e uccide i nostri padri, le nostre madri. Noi.

Noi, bambini di Taranto, siamo qui. Guardiamo con occhi commossi la bellezza che ci circonda e vediamo un futuro diverso. Lo immaginiamo fintanto che potremo farlo, fino alla nostra ultima e inutile chemio. Fino a che i nostri genitori, per quelli tra noi che non sono già orfani, vedranno le loro lacrime di paura trasformarsi in lacrime di certezza e ci vedranno, da quel momento, solo in una fotografia.

Anche i bambini di Taranto vogliono vivere. Lo abbiamo già detto, forti della Carta costituzionale, della Carta europea dei Diritti fondamentali dell’Uomo, della convenzione mondiale sui Diritti dei Bambini.

Siamo, però, qui, a Taranto. Vi regaliamo i nostri capelli portati via dalle cure, vi regaliamo il nostro poco tempo, la nostra vita perché, come recita il nostro inno nazionale, “siam pronti alla morte, l’Italia chiamò. Sì!”

In allegato, vi inviamo le carte di identità di alcuni di noi.

 

viv@voce

Lascia un commento