TARANTO. “Metalli nei fanghi prodotti da Acquedotto pugliese”

La Dda di Lecce ha iscritto nel registro degli indagati 8 persone tra i quali Nicola Costantino, amministratore unico di Aqp

 

Traffico e gestione illecita di rifiuti è l’accusa ai vertici della società, proprietaria dell’impianto di compostaggio di Ginosa, in provincia di Taranto, nel quale confluivano le acque reflue urbane dei comuni della provincia di Bari e, secondo l’accusa, anche di alcuni siti industriali. Secondo le indagini dei carabinieri del Noe sono state riscontrate sostanze nocive (come ferro, mercurio, zinco e altro) che non potevano essere di natura urbana.

Si chiama “pura Terra”, ma in realtà conteneva arsenicopiombo e tanti altri metalli nocivi. Insomma rifiuti industriali utilizzati per concimare i campi agricoli. I carabinieri del Nucleo Operativo ecologico di Lecce, guidati dal maggiore Nicola Candido, hanno sequestrato i fanghi prodotti dall’Acquedotto pugliese e venduti o ceduti gratuitamente a oltre 50 aziende agricole, operative in gran parte nel territorio tarantino.

Traffico e gestione illecita di rifiuti è l’accusa mossa dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce ai vertici di Acquedotto Pugliese proprietaria dell’impianto di compostaggio di Ginosa, in provincia di Taranto, nel quale confluivano le acque reflue urbane dei comuni della provincia di Bari e, secondo l’accusa, anche di alcuni siti industriali. Secondo le indagini effettuate dai carabinieri del Noe, infatti, nei fanghi sono state riscontrate elevate percentuali di sostanze nocive (come ferro, mercurio, zinco e altro) che non potevano essere di natura urbana e pertanto il cosiddetto AMC, (“Ammendante compostato misto” un compost ricavato dai rifiuti depurati provenienti dagli insediamenti civili utilizzato in agricoltura) non poteva essere commercializzato.

L’AMC, in sostanza, era in un rifiuto poiché dalle analisi, è stato accertato contenere elevate concentrazioni di metalli ed idrocarburi totali e quindi è “rilevante – secondo quanto hanno spiegato gli investigatori  – il rischio di inquinamento delle matrici suolo ed acqua sotterranea”. Non solo. I militari hanno chiarito che la commercializzazione del prodotto è un evidente rischio anche e soprattutto per la salute umana.

La presenza di metalli all’interno dei fanghi, tuttavia, è collegato allo scarico non autorizzato di alcune aziende alla rete fognaria. Un punto noto all’Acquedotto Pugliese che, come emerge dalle carte dell’inchiesta, aveva segnalato alla procura la presenza di sostanze rinvenienti da attività produttive non autorizzate” , ma nonostante la denuncia la commercializzazione, o la cessione gratuita, dei fanghi era proseguita indisturbata tanto da costringere la magistratura a sequestrare i fanghi presenti questa mattina all’interno dell’impianto tarantino.

La consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero Valeria Mignone aveva anche accertato che in alcuni casi i fanghi contenevano alluminio, antimonio, argento, arsenico, boro, berillio, cadmio, cromo, ferro, mercurio, selenio, stagno, tallio e vanadio in concentrazioni fino 87 volte superiori ai rispettivi valori minimi riscontrati. Per il piombo, addirittura, si arrivare a superare il valore minimo di 220 volte.

L’Acquedotto Pugliese e la società Aseco, di proprietà della prima e incaricata di gestire l’impianto della provincia di Taranto, avrebbero quindi dovuto smaltire i rifiuti e invece, secondo l’accusa, la strategia di rivenderli o cederli anche gratuitamente è servito a non attivare le procedure per lo smaltimento dei rifiuti risparmiando illegittimamente migliaia e migliaia di euro. La Dda di Lecce ha iscritto nel registro degli indagati 8 persone tra i quali Nicola Costantino, amministratore unico di Aqp.

Francesco Casula

FONTE

 ilfattoquotidiano.it

 

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