TARANTO. IL 7 APRILE 2013 E’ UNA DATA DA RICORDARE

TARANTO. IL 7 APRILE 2013 E’ UNA DATA DA RICORDARE

Marescotti: “Il diritto alla salute è un diritto fondamentale dell’individuo e in base a questo è intervenuta la magistratua per sequestare gli impianti altamente inquinanti alla salute”. Matacchiera: “I nostri magistrati non vogliono far chiudere le nostre industrie, vogliono chiudere quegli impianti che purtroppo producono delle conseguenze  infauste”

E’ il 7 aprile. La prima domenica del quarto mese del 2013 si presenta alla città jonica in modo invernale. I tarantini si svegliano con un cielo coperto e un vento secco di tramontana, supportato dal freddo clima marino. Pare che la primavera è stata rimandata questa domenica a tempi da decidere. Fa freddo e davanti al portone dell’Arsenale Militare di Taranto sono le 10.45 e sono poche le centinaia di persone accorse alla manifestazione organizzata da  Fabio Matacchiera, Onlus Fondo AntiDiossina, e da Alessandro Marescotti, Peacelink. Ed è un brutto segnale questo. Un segnale che lascia presagire che saranno pochi gli affecionados alla salute e all’ambiente che stamane percorreranno il centro tarantino che vedrà attraversate Via Di Palma, Piazza immacolata, Via D’aquino e Piazza della Vittoria. In una manciata di minuti un fiume di persone ingrossa le file del corteo che sta ancora ai nastri di partenza.  Occhi gonfi dal sonno ridotto, capelli pettinati in fretta e furia: così si presentano molte donne al corteo. Ore 11.10: alla testa del serpentone umano ci sono i medici pediatri, mentre la volta scorsa c’erano i bambini con i loro cartelli. Cambia la coreografia ma il tema è lo stesso: questa città vuole vivere.

Il corteo percorre tranquillamente le vie del centro della città che fu di Pirro, in modo composto e quasi educato va avanti verso la sua destinazione: Piazza della Vittoria. Il “Taranto libera” e “Todisco” sono state le uniche e  significanti  alzate di grido dalle migliaia di manifestanti e con un sottofondo, ironico, di una canzone di Massimo Ranieri dal titolo “Se bruciasse la città”. Con l’arrivo a Piazza della Vittoria dei manifestanti, bastava guardare Via D’aquino e accorgersi delle altre migliaia di tarantini che erano in coda al corteo. Senz’altro 15 mila manifestanti hanno voluto segnare questa  tappa importante per il proseguo della vita in una città martoriata, e abbandonata, da politici e amministratori che hanno volutamente chiudere gli occhi su di un dramma che, se fosse stato affrontato anni prima, non avrebbe portato oggi a questo allarme di disastro ambientale e sociale.

Ma ecco le dichiarazioni di Alessandro Marescotti al nostro giornale. Con gli occhi sorridenti e speranzosi ci ha detto: “La risposta della città è una bellissima risposta.  Nessuno ricordava mai a Taranto una manifestazione di domenica mattina. Solo persone convinte scendono in piazza. Non c’è nulla di più convincente che la lotta per la salute, per noi e per i nostri figli”. Alla domanda se questa città sta cambiando la pelle, Marescotti è stato inequivocabile: “Credo che sia cambiata la coscienza della città” e con in mano la nostra Costituzione cita l’articolo 31: “Il diritto alla salute è un diritto fondamentale dell’individuo e in base a questo è intervenuta la magistratua per sequestare gli impianti altamente inquinanti alla salute”.

Alla successiva domanda “se questa è una manifestazione ambientalista” la risposta è stata lapidaria:  “Non è una manifestazione ambientalista ma ben sì cittadina”. A tutt’oggi? “Noi sappiamo cosa ha fatto il governo: ha fatto un decreto legge per mettere fuori gioco la magistratura”. Marescotti lancia il messaggio di imminente appuntamento nella città capitolina: “Noi giorno 9 andremo davanti alla Camera dei Deputati per portare la voce di questa manifestazione e chiedere nello stesso giorno in cui si esprimerà la Corte Costituzionale che tutti i parlamentari dicano no a questa legge assolutamente da cancellare”. E sulla vita dei tarantini il referto è tristissimo: “Nel sangue e nelle urine delle persone sono  entrati i metalli pesanti: la diossina, sono entrati  i veleni. E quando nel sangue dei bambini, nel latte delle mamme abbiamo queste presenze nocive, allora siamo di fronte alla violazione dei diritti dei cittadini e siamo di fronte ai diritti della vita”.

E sui controlli permanenti, che oggi mancano, è stato accusatorio: “Oggi ci dovrebbero essere i dati, noi dobbiamo sapere cosa stiamo respirando. In questa situazione la sicurezza non è garantita come la legge dovrebbe assicurare. Mancano le centraline perimetrali, mancano i sensori che dovrebbero essere messi nella cocheria, abbiamo chiesto al Garante questo e il Garante ci ha risposto che ci faranno avere i dati. Questi dati non sono ancora arrivati”. Una situazione che ancora non volge secondo le direttive della nuova AIA.

Dopo Marescotti è la volta di Fabio Matacchiera e alla prima domanda sull’intervento della magistratura sul sequestro degli impianti inquinanti dell’Ilva ci ha risposto: “I nostri magistrati non vogliono far chiudere le nostre industrie, vogliono chiudere quegli impianti che purtroppo producono delle conseguenze  infauste”. E sul futuro della città ha detto: “Vogliamo che Taranto diventi una zona franca, dove si possono fare investimenti, stimolare le imprese e fare in modo che la città sia sotto la tutela e la protezione della nostra nazione”.

Ed ecco pronta la risposta per l’occupazione in pericolo nel momento in cui l’Ilva dovrà ridurre la sua massa produttiva: “Con la bonifica ci sarà tanto da lavorare”. Matacchiera rimarca, decisamente, la responsabilità di chi ha creato questo disastro a Taranto e con  “chi ha creato questo disastro, deve pagare” dice tutto ciò che pensa. Si congeda dalla nostra conversazione con una nitida analisi: “Da Taranto si eleva un grido di dolore, di allarme, di disperazione in quanto i medici sono i primi a testimoniare una situazione che non va sottaciuta, una situazione che tutta l’Italia conosce”.

E’ la volta di Francesco Fedele, pediatra: “Ho tra i miei pazienti molti bambini che vivono in questi quartieri sottoposti alle inalazioni di polveri e di piombo. E i danni si vedono tutti”. Ma ci voleva la magistratura per sollevare questo problema quando erano le parti sociali, le prime, ad essere investite di questa tematica ambientale? Scattante la risposta di Fedele: “Ci voleva un giudice con gli attributi che sollevasse questa emergenza, le amministrazioni comunali hanno voluto disconoscere questa drammatica realtà”.

Alla domanda se oltre ai pediatri tarantini si aggregheranno anche altri medici la risposta non si è fatta attendere: “I problemi che comportano questi inquinanti non interessano soltanto l’età pediatrica. Ci sono problemi sull’apparato riproduttivo, sul bambino in fase di sviluppo embrionale. Sull’apparanto endocrino, gli inquinanti producono sfaceli sull’apparato respiratorio. I tumori sono aumentati del 30% nel sesso maschile e nel 20% in quello femminile”.

Giovanni Caforio

viv@voce

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