QUANDO IL POLITICO DENUNCIA I GIORNALISTI CON I SOLDI PUBBLICI

QUANDO IL POLITICO DENUNCIA I GIORNALISTI CON I SOLDI PUBBLICI

Condannata l’Italia per eccessiva limitazione della libertà di stampa

Vi  ricordate i films di Sergio Leone, cosiddetti “spaghetti western”? Ogni tanto, se ci fate caso, salta fuori lo sceriffo, tutto impettito, dal grilletto facile oppure,  non so se avete mai visto, il film Blue Steell  un’affascinate agente di polizia, stregata dalla vestizione della divisa, che in tutto il suo splendore di neo poliziotta cammina per le strade della metropoli di New York, con quello scuro oggetto del desiderio,  la pistola, una freudiana ed  incontenibile attrazione fatale a cui non  può rinunciare. Ora provate a sostituire la parola pistola con la parola potere, intesa come affermazione di uno status di  forza, di soggezione o di  subordinazione verso gli altri. Provate ad accostare la parola potere  alla parola politico o pubblico ufficiale, cosa viene fuori? Ognuno può dare una propria risposta, ma quello che emerge, da una attenta analisi dell’attuale fenomeno dell’arroganza impositiva di coloro che fanno parte delle istituzioni, è che l’esercizio del potere spasmodico sta sempre di più creando lo scollamento e la  distanza tra la società reale fatta di semplici cittadini e coloro che in un modo o nell’altro ottengono il cosiddetto potere di decidere sugli altri senza, per la maggior parte delle volte, avere le qualità giuste o meritocratiche. Il fenomeno è in espansione soprattutto a livello di amministrazioni pubbliche locali tanto che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo  è intervenuta sul fenomeno  del potere pubblico usato  per imbavagliare l’informazione.

Purtroppo, capita spesso che a livello di istituzioni locali ci si imbatte in amministratori che con facilità, superficialità e non curanza dei costi aggiuntivi, denunciano i giornalisti, i consiglierei comunali di opposizione o i semplici cittadini, per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Li potremmo definire: gli amministratori dalla denuncia facile o dal grilletto facile, come nei films di Sergio Leone, tanto cosa gliene importa a costoro, le parcelle degli avvocati sono a carico degli enti istituzionali o meglio dei contribuenti.

Ma cosa ci insegna la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo? Con sentenza del 17 luglio 2008 la Corte europea ha condannato l’Italia per eccessiva limitazione della libertà di stampa. La vicenda nasce da una denuncia fatta dal presidente della provincia di Palermo nel 1994 nei confronti di un giornalista e docente di politica internazionale  presso l’università di Palermo. Il giornalista-professore era stato condannato per aver scritto un articolo dal titolo “ Mafia e legge. Palermo: la provincia contro se stessa nel processo Falcone”. La vicenda si focalizzava sul fatto che, l’allora presidente della provincia oltre ad essere un politico con un ruolo chiave nel governo locale era anche l’avvocato che difendeva uno degli imputati nel processo per l’omicidio Falcone, mentre era ancora in discussione la scelta della provincia di Palermo di costituirsi parte civile nel medesimo processo. Il povero giornalista dopo il rigetto del ricorso in cassazione decise di rivolgersi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo adducendo la violazione dell’art.10 della Convenzione europea dei diritti umani (libertà di espressione). La Corte europea pur non entrando nel merito della doppia funzione del presidente della provincia  osservava che siffatta situazione era indubbiamente tale da sollevare dubbi sulle scelte operate da tale soggetto in relazione ad un processo che concerneva fatti estremamente gravi. La Corte europea comunque fece due osservazioni. La prima che il presidente della provincia era un politico che con il suo ruolo bifronte era stato oggetto di numerosi articoli sulla stampa, perciò, poteva aspettarsi che le sue azioni fossero soggette ad un dettagliato esame da parte di qualsiasi giornalista.

Seconda osservazione basata sull’esame dell’articolo, i giudici europei arrivarono alla conclusione che non vi erano reati di diffamazione in quanto il giornalista aveva espresso l’opinione che un politico locale poteva essere influenzato anche in modo determinante, dagli interessi degli elettori. Opinioni che secondo la corte non eccedevano i limiti delle libertà di espressione in una società democratica. Infine, con riferimento alle espressioni ironiche usate dal giornalista,  la corte  rilevava che la libertà giornalistica copre anche il ricorso ad un certo grado di provocazione. Non ultimo la Corte sottolineò che gli attacchi rivolti alla persona del Presidente non potevano essere riconducibili ad una sfera personale in quanto chi ricopre funzioni pubbliche non può prendersela se il suo nome viene accostato a fatti di dominio pubblico. Infine la Corte prese in considerazione la situazione finanziaria del giornalista, il fatto che fosse stato condannato a pagare una somma notevole sarebbe stato idoneo ad inibirgli, in futuro, l’esercizio del diritto di informare il pubblico su materie di interesse generale. La Corte europea ha quindi ritenuto che la condanna del giornalista fosse un interferenza eccessiva nella libertà di espressione e non potesse dirsi necessaria in una società democratica, con riconoscimento al giornalista della somma di 60 mila euro come risarcimento  per danni patrimoniali e morali e 12 mila euro per spese legali.

Chi ha pagato l’arroganza e la prepotenza di chi detiene un potere temporaneo e virtuale? Ovviamente i cittadini contribuenti che ignari, come al solito, pagano i tributi alle istituzioni per poi vedersi ingenti somme di denaro sprecate per assurdi ed ingiusti contenziosi dettati dalla brama di potere. Giusto o non giusto sarebbe opportuno che gli amministratori pubblici se feriti nell’orgoglio o nei loro modi di fare usino  i loro fondi personali per fare le denunce e non quelli dei contribuenti. Nel frattempo che qualche politico serio e  lungimirante faccia qualche proposta per  salvaguardare la libertà di espressione, degna di un paese democratico, non possiamo far altro che ricordarci di Totò nel film “47 morto che parla” ed invocare la ricorrente frase: ”ED IO PAGO..!!”

Luca Lionetti

 

 

 

 

 

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