Istanbul: 23enne italiana ricoverata con sintomi simili all’Ebola

Istanbul: 23enne italiana ricoverata con sintomi simili all’Ebola

La ragazza, proveniente dalla Nigeria, è stata fermata per controlli all’aeroporto di Ataturk

Cresce la paura Ebola e, assieme a lei, anche il numero dei contagiati e delle vittime. Questa volta, a riscontrare i sintomi della malattia, pare sia essere una ragazza italiana di 23 anni che opera come volontaria in Ciad. La notizia è stata annunciata sul sito del quotidiano turco Zaman. Stando a quanto riportato dal giornale,alla giovane era stata diagnosticata la malaria già prima della partenza dal Kenya, ma le rassicurazioni e le autorizzazioni ricevute da parte dei medici, le avevano permesso, ugualmente, di viaggiare. La ragazza, E.S., imbarcata a Kano su un volo della Turkish Airlines diretto a Istanbul, è stata ricoverata d’urgenza presso l’ospedale Haseki della stessa città. I passeggeri che erano a bordo dell’aereo, sul quale stava viaggiando la giovane, sono stati presi dal panico, tanto da indurre, lo stesso pilota, a richiedere un’equipe medica al momento dell’atterraggio.

I sanitari turchi, una volta giunto a destinazione l’aereo, avrebbero messo la giovane donna in quarantena, attraverso un contenitore di plastica trasparente, affinché rimanesse “isolata” durante il tragitto che l’avrebbe condotta in ospedale, ove, dopo attente ed accurate analisi, cresce l’attesa di ricevere, “a giorni”, l’esito degli accertamenti.

I sintomi sono molto simili a quelli dell’ebola, ma ciò non esclude il fatto che, come sottolineato dalle stesse fonti mediche locali, non possa trattarsi di semplici disturbi dovuti ad una reazione allergica ad un farmaco anti-malarico.

Il consolato italiano a Istanbul segue, assieme alle autorità turche, il caso in esame, nell’attesa di ricevere gli esiti sperati oltre a notizie confortanti in merito a nuove cure o vaccini; mentre il coordinatore ONU, David Nabarro, indica gli obiettivi di “sicurezza” per i prossimi mesi, attraverso un tour nei paesi africani colpiti dall’epidemia, infatti, al momento, si trova in Liberia.

L’uso etico delle poche risorse farmaceutiche a disposizione crea una discrepanza e un acceso dibattito fra scienziati e bioeticisti che attendono impazienti l’arrivo del vaccino che sia in grado di cambiare le sorti per la popolazione. Anche se, ad essere del tutto onesti, la cura c’è, ma per una questione del tutto finanziaria (come lo è sempre, del resto), ancora non si è in grado di poterla “utilizzare”.

Intanto, il bilancio delle vittime e dei nuovi casi che riscontrano la malattia, cresce a dismisura. Tra il 19 e 20 agosto sono stati segnalati solo 142 nuovi casi di malattia da virus Ebola e 77 decessi in Guinea, Liberia, Nigeria e Sierra Leone. A dare conferma di queste spiacevoli notizie è proprio l’OMS (l’Organizzazione mondiale della sanità), che, a partire dallo scoppio della “crisi”, ha già contato 1427 decessi e segnalato 2615 casi (doveroso ricordare la crescita esponenziale del numero dei nuovi “contaminati”).

Oltre a far luce sulla speranza di poter porre la parola “fine” a tutto questo, si comunica che non vi è alcun caso in Europa o nel resto del mondo. Sarà davvero così? Purtroppo no, dato che, altre fonti hanno rivelato la presenza di casi anche in altre parti del mondo, compresa l’Europa.

Uno dei consigli utili da rispettare è il seguente: “Teniamoci costantemente aggiornati sulla situazione e cerchiamo di evitare la propagazione di questa malattia che potrebbe, seriamente, diventare una vera e propria pandemia. Il dubbio che questo possa accadere è, ormai, elevato. Anche l’Onu teme, in prima persona, il verificarsi di ciò, non potendo escludere e nascondere la preoccupazione per una possibile “fiammata”.

Eleonora Boccuni

viv@voce

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