LA SACRA CORONA UNITA E I SUOI AFFARI CON IMPRENDITORI, PROFESSIONISTI E POLITICI

LA SACRA CORONA  UNITA E I SUOI AFFARI CON IMPRENDITORI, PROFESSIONISTI E POLITICI

Operazione antimafia a Taranto contro i clan del Salento

La Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, in collaborazione con gli agenti della Polizia di Stato, ha stroncato un’organizzazione di cui facevano parte pregiudicati, presunti affiliati alla Scu, imprenditori ma anche insospettabili professionisti e politici. In carcere sono finite sedici persone, due ai domiciliari e 14 indagati a piede libero. I soggetti destinatari del provvedimento sono quasi tutti di Manduria (TA). E proprio in questa città le istituzioni, come si legge nelle trecento pagine dell’ ordinanza del gip Antonia Martalò, hanno svolto un ruolo fondamentale nel garantire alla criminalità il controllo di interi settori dell’ economia locale.

Sotto la lente degli inquirenti sono finiti contratti manipolati per mettere le mani sulla cosa pubblica come i parcheggi a pagamento oppure la Fiera Pessima (l’ annuale campionaria con un indotto di centinaia di milioni di euro). Si parla anche di posti di lavoro in cambio di voti ai referenti politici e di cospicui guadagni per la mafia salentina. Sono diversi i reati contestati a vario titolo: truffa e abuso d’ ufficio, associazione mafiosa, tentato omicidio, porto abusivo di armi, rapina, estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti e spari in luogo pubblico.  La Dda ritiene che il gruppo criminale sia diretto dal manduriano Vincenzo Stranieri, in carcere da 28 anni, 18 dei quali scontati con l’ isolamento del 41 bis (tuttora applicato) in quanto considerato tra i fondatori della Scu di Pino Rogoli.

L’ indagine era cominciata nell’ ottobre del 2008 dopo un attentato dinamitardo nei confronti di un agente di polizia in servizio nel commissariato di Manduria. Gli artefici dell’ attentato, secondo gli investigatori, furono tre pregiudicati appartenenti al clan Stranieri: suo nipote Nazareno Malorgio, Pasquale Scorrano e Stefano Carrozzo, tutti pregiudicati residenti a Manduria. Secondo la Procura Antimafia lo scopo era quello di intimorire gli inquirenti che indagavano su un grosso traffico di sostanze stupefacenti.  Con l’ operazione denominata «Giano» sono stati arrestati, oltre all’ ex boss «Stellina», chiamato così per la stella a cinque punte tatuata sulla fronte, sua moglie Paola Malorgio, il genero Alessandro D’ Amicis e, tra gli elementi di spicco, due componenti della famiglia Mazza, altro potente clan malavitoso manduriano. Questo gruppo, tramite uno dei componenti, Pietro Tondo, avrebbe il pieno controllo della «Global Work», società che si occupa della gestione delle strisce blu in tutto il territorio di Manduria. Secondo gli investigatori del commissariato di Manduria (all’ epoca il dirigente era il vice questore aggiunto Giuseppe Annicchiarico) proprio attraverso quest’ azienda, intestata ad un insospettabile imprenditore di Fragagnano (TA), Vito Alfonso (indagato), sarebbe avvenuto il connubio tra criminalità e cosa pubblica. Per questo motivo risulta indagato il dirigente dell’ Ufficio Lavori Pubblici del comune di Manduria, Antonio Pescatore, accusato di aver agevolato l’ assegnazione inopportuna di nuove aree di parcheggio alla «Global Work».  Le intercettazioni hanno portato alla luce i rapporti intercorsi tra il gruppo criminale e alcuni candidati alle passate elezioni comunali e regionali.

A beneficiare di favori risulta essere l’ attuale presidente del Consiglio Comunale di Manduria, Leo Girardi. Si è scoperto che il presunto capo in pectore della «Global Work», Pietro Tondo, ordinò il licenziamento di uno degli ausiliari del traffico reo di essersi candidato alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Comunale sottraendo voti al suo candidato di riferimento Girardi. Anche sull’ attuale giunta comunale gravano dubbi in quanto firmataria della delibera che assegna 126 nuovi spazi di sosta a pagamento nei pressi dell’ ospedale senza bandire alcuna gara e senza che la beneficiaria, la Global Work, avesse mai versato nelle casse comunali la percentuale prevista del 70% del denaro ricavato. 

«Probabilmente – dichiara la Dda di Lecce – veniva tratta in inganno dalla condotta dell’ ingegnere Pescatore (il dirigente indagato), il quale, anziché dar luogo alla risoluzione del contratto dava parere favorevole di regolarità tecnica».

Lecce, 16.02.2012, Antonio Nicola Pezzuto

FONTE

liberainformazione.org

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