L’ ILVA: UNA STORIA CHE DEVE INSEGNARE / 3

L’ ILVA: UNA STORIA CHE DEVE INSEGNARE / 3

3.  Salute o lavoro?

Che l’industria siderurgica con le sue alte emissioni di diossina  inquinasse l’ambiente lo si è capito tardi ma la situazione a Taranto è degenerata oltremodo di anno in anno. Si stima che il solo stabilimento pugliese emetta circa il 92% della diossina dell’Italia intera.

Pochi controlli e probabilmente una dirigenza incosciente per la quale il profitto viene prima di tutto.

Quando negli anni ottanta l’industria siderurgica ha subito un grave momento di stallo e crisi lo Stato italiano si è messo da parte e ha chiesto ai privati di intervenire. Nel 1995  il Gruppo Riva acquisisce lo stabilimento di Taranto e da allora le polemiche si sprecano, i giornali titolano a tutta pagina: l’ Ilva diventa la spina nel fianco della Puglia.

Il dirigente Emilio Riva già condannato a tre anni di reclusione nel 2007 per omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro e violazione di norme antinquinamento è tornato in tribunale. Oggi la situazione è gravissima tanto che tutti sappiamo che  sono stati sequestrati sei impianti dell’area a caldo dell’ ilva, l’accusa è di disastro ambientale. Poche parole che dicono tanto: a Taranto non solo l’aria è inquinata e irrespirabile, il mare assorbe tutti gli agenti tossici che vanno a finire nelle cozze  (una fra le prime produzioni tarantine di qualità) ma soprattutto ci si ammala tanto e si muore.

Inutile negarlo il disastro ambientale c’è e si sente,  il sequestro dell’area a caldo non pulirà l’aria di botto e non farà guarire i malati ma almeno smetterà di alimentare quella nube tossica che riveste la città.

Cosa faranno gli operai? Circa 12 000 dipendenti che non sanno dove andare nel caso in cui l’Ilva chiuda i battenti. I sindacati si fanno sentire, la crisi in atto non rincuora gli animi e così si spera, si protesta per potersi tener stretto il posto  perché fino a prova contraria il lavoro è ancora un diritto oltreché un dovere.

Fra salute e lavoro non si sa cosa fare ma se l’Ilva restasse aperta e funzionasse così come ha fatto fin’ora avremmo risolto il problema di una generazione ma rovinato il futuro e salute di quella successiva.

Che si mettano le cose a norma, che si riducano le emissioni tossiche, che si pensi alla salute: è importante salvare il lavoro di 12 000 operai ma altrettanto importante è che non si associno mai più le parole “disastro ambientale” alla città di Taranto.

Anna Impedovo

viv@voce

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