MANDURIA. I.I.S.S. “L.Einaudi”: intervista a Alberto e Luigi La Monica

MANDURIA. I.I.S.S. “L.Einaudi”: intervista a  Alberto e Luigi La Monica

La studentessa Federica Lamusta incontra gli organizzatori del Festival del Cinema Europeo, giunto lo scorso novembre alla sua XXXIII edizione

Il Festival si svolge a Lecce ed è ormai una delle vetrine più interessanti del panorama cinematografico “europeo”.

Com’è cambiato in questi anni il Festival e come siete cambiati voi?

Il Festival si è strutturato nel tempo attraverso scelte che sono state fatte nel corso degli anni: per quanto riguarda il concorso, per esempio, abbiamo scelto di concentrarci sulle storie che raccontano l’Europa di oggi, che ci facciano conoscere le alter realtà europee per misurarne vicinanza e distanza, proporre uno sguardo analitico ed emozionale che solo il cinema tra i media può portare al pubblico. Abbiamo volute creare e proporre il giusto mix tra ciò che viene da fuori e ciò che è prodotto dal territorio, in particolar modo con la sezione “cinema e realtà” dedicata ai documentari, sempre più attenta alle produzioni locali, o con la programmazione di “Festival in Corto”, che propone assieme i film degli allievi del Centro Sperimentale, i dieci migliori corti italiani dell’anno prima per il Premio Emidio Greco e Puglia Show, il concorso dedicato ai giovani registi pugliesi.

Com’è nata la vostra passione per il cinema?

E’ stata nostra madre, Cristina Soldano, ad inculcarci questa passione, portandoci al cinema fin da piccolissimi a vedere non solo film per bambini, ma anche i grandi autori come Fellini, Tarkovsky, Kurosawa. Ma ricordiamo anche proiezioni fatte in casa, in serate, con amici di famiglia di film come “I dieci comandamenti” o un “Uomo Ragno” con effetti speciali molto artigianali.

Noi ragazzi siamo abituati a vedere serie-tv seduti comodamente sul divano di casa, piuttosto che andare al cinema a vedere i film. Qual è quindi, per voi, il future delle sale cinematografiche? Molti sostengono che da qui a qualche anno la maggior parte chiuderanno.

E’ un’ecatombe già in corso purtroppo e la pandemia potrebbe concludere quella che rischia di essere una tempesta perfetta. Quale sarà ilfuturo  delle sale? Difficile dirlo: troppe le variabili che ne determineranno la sopravvivenza. Senza interventi importanti dello Stato solo l’abilità degli esercenti può salvare le sale, il cui presente economico è un incubo. Ma ci sono appunto esercenti che riescono a proporre una programmazione attenta e a fidelizzare il pubblico. Purtroppo, come dicevi, è perlopiù un  pubblico già    grande. Manca la cultura della sala tra i giovani. Guardare i film al cinema, soprattutto i film dei grandi autori o le grandi produzioni d’intrattenimento, è tutta un’altra cosa, e guardarli in compagnia di tante altre persone rende l’esperienza ancora più importante, oltre al fatto che ci sono molti film pensati e girati per la fruizione in sala, con un certo tipo di schermo e di impianto audio, che non possono essere apprezzati veramente al di fuori di quella. Certamente i Festival, in questo contesto, stanno giocando un ruolo fondamentale, creando occasioni uniche per il pubblico di incontrare gli autori e approfondire la fruizione delle opere. E il pubblico ci dà ragione.

Luigi, lei da anni cura la sezione “Puglia Show” che è dedicata ai giovani autori pugliesi; com’è cambiato nel tempo il mondo del cortometraggio, considerato da molti la “palestra dei registi”?

Si sono moltiplicate le possibilità: oggi ci sono molti più festival dedicati ai corti, e, finalmente, anche in Italia c’è un fiorire di piccole case di produzione o di distribuzione che accompagnano gli autori e cercano di valorizzarne le opere. E’ più facile fare un corto e proporlo. Una grande preoccupazione c’è però, e riguarda proprio i giovani: le ultimissime generazioni sono consapevoli di poter fare cinema, delladifferenzaqualitativadell’immaginariocinematograficorispetto a quello dei più immediati social? Anche le scuole si stanno muovendo, producendo attività didattiche.

Alberto, sono moltii film “d’autore” proiettati, in tanti anni, nel vostro Festival,  ma se dovesse spiegare a noi ragazzi cos’è un film d’autore?

Il film di un “autore” è un film che non si propone di servire al pubblico un prodotto in qualche modo fatto solamente per intrattenere, per offrire uno svago di un paio d’ore, riempire un “palinsesto”, ma che offre uno sguardo fortemente personale sulla storia proposta e sul linguaggio cinematografico, che offre una reale occasione di confronto stimolando una visione attiva da parte dello spettatore, lasciando anche spazio all’interpretazione dell’opera, al dubbio, alla  discussione. E’ un film che ambisce a lasciare un segno profondo nell’immaginario culturale, che provoca, scuote, sfida. Senza gli autori avremmo un mondo culturale immobile e piatto, che non si evolve, che non fa ricerca, che non è capace di creare il nuovo, di scandagliare e interpretare la realtà umana che ci circonda.

Da anni Carlo Verdone è parte integrante del Festival del Cinema Europeo, come si è arrivati al premio “Mario Verdone” e qual è il vostro rapporto con Carlo, un artista molto amato dai ragazzi?

Avevamo avuto il piacere e l’onore di dedicargli l’omaggio che il Festival gli fece con la retrospettiva e la pubblicazione di una monografia. Successivamente, quando il padre è scomparso, lui, avendo avuto modo di apprezzare la qualità della proposta culturale del Festival, ha volentieri sposato l’idea di un premio, dedicato ai debuttanti, che portasse il nome del padre, grande critico e professore al Centro Sperimentale. Il nostro è un rapporto di amicizia e stima che ci onora e dà lustro al Festival.

Grazie mille per la vostra disponibilità, buon anno e buon lavoro per la XXIV edizione del Festival del Cinema Europeo.

 

 

 

 

viv@voce

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