SAVA (Ta). Psichiatra rinviato a giudizio per violenza sessuale. Venti di querela su questo manifesto

SAVA (Ta). Psichiatra rinviato a giudizio per violenza sessuale. Venti di querela su questo manifesto

Quando a volte alcune donne non capiscono il loro ruolo nella nostra società

E’ da quasi tre mesi che nel nostro paese ci sono state due donne, operatrici socio-sanitarie, che hanno avuto il coraggio di denunciare il dirigente medico che opera nella stessa struttura in cui lavorano, per violenza sessuale.

Se non ci fosse stato l’interesse primitivo del giornalista ambientalista Mimmo Carrieri, a far uscire fuori questo “caso”, difficilmente sarebbe venuto fuori. E al seguito il nostro giornale ha fatto la parte sua. Per la cronaca lo psichiatra è stato denunciato, dalle due donne, per violenza sessuale e dopo la denuncia il magistrato ha disposto il suo rinvio a giudizio. Ora non entriamo nel merito del classico detto “Si è colpevoli solo dopo il terzo grado di giudizio”, ma valutiamo alcune cose che, per il nostro giornale, non devono passare assolutamente inosservate.

I fatti, o meglio come suol dirsi “la presunta violenza sessuale”, sono avvenuti all’interno del plesso di proprietà del nostro Comune. In questa struttura opera un soggetto privato dedito a pazienti residenti che hanno bisogno di terapia riabilitativa assistenziale e psichiatrica. Questa struttura, che ha sede in Via Cinieri in pieno centro urbano, è stata data in affitto all’ASL che a sua volta l’ha data in gestione al soggetto privato che opera grazie ad una convenzione stipulata, e quindi finanziata con i soldi pubblici. Fin qui le formalità. Scoppia il “caso”, ovvero le due denunce delle operatrici socio-sanitarie e tutti zitti. Un silenzio tombale da parte del nostro Comune, o meglio dall’amministrazione IAIA e la stessa cosa fa l’ASL.

Silenzio completamente nessuna presa di posizione ufficiale e tanto meno un comunicato stampa di questi due Enti pubblici a condannare le presunte violenze! Incredibile questo. Ipotizziamo per assurdo, ma proprio per assurdo, che all’interno di questa struttura comunale ci fosse stata una stanza adibita a “incontri ravvicinati del terzo tipo” e smascherata dai Carabinieri dopo opportune indagini e pedinamenti, cosa avrebbero fatto o detto i due Enti pubblici sul fattaccio? Sarebbero stati zitti? O avrebbero mostrato sdegno, come logica impone?

Bene, in questo caso reale, non c’è stata la minima presa di posizione e si sarebbe imposta da parte del Comune savese verso l’ASL a prendere una posizione di condanna, e chiedere la sospensione dal servizio medico dello psichiatra rinviato a giudizio in attesa che la magistratura accertava i fatti. Tutti zitti e aria morta. Ma noi abbiamo incalzato le cinque donne elette dal savese nella massima assise istituzionale e a chiedere loro che cosa hanno fatto, alla luce di questo “caso”, vista la loro posizione istituzionale e amministrativa.

Verdiana Toma è assessore alla Cultura, Roberta Friolo è assessore ai Servizi sociali, Consiglieri comunali sono Alessandra Sileno, Sabrina Zingaropoli e Annalisa Toma. Quindi 5 donne titolate, di cui la prima è accademica in “Relazioni Pubbliche e Comunicazione d’impresa” e le altre quattro sono avvocati: donne erudite e potenzialmente colte. Visto che il “caso” riguardava strettamente il ruolo della donna nel contesto lavorativo, le abbiamo spronate a prendere posizione e anzi abbiamo fatto di più: visto il loro ruolo, abbiamo chiesto di attivarsi con l’ASL, in modo che Comune e Ente sanitario prendessero posizione.

Tutto qui. Ai giorni nostri nulla c’è stato. Vorrei ricordare a queste 5 donne una cosa, una cosa sola: se oggi si trovano in queste vesti, assessori e Consiglieri comunali, devono dire grazie a chi, negli anni passati, ha lottato per questi diritti che oggi hanno. E se queste conquiste devono servire solo per sedersi sugli allori, allora vuol dire che avete sbagliato strada.

Quanto al manifesto di Viv@voce, che vi chiama in causa, non c’è nulla di diffamatorio. C’è solo la vostra messa alle spalle al muro su quello che potevate fare e che, fin’ora, non avete fatto. Tranquille, querelate pure.

L’orgoglio delle donne, credo, passa anche dalla solidarietà femminile. Ma stavolta credo nulla di tutto questo c’è stato.

Giovanni Caforio       

viv@voce

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