Sinistra. E se invece di uscire si entrasse?

Sinistra. E se invece di uscire si entrasse?

Vita travagliata a sinistra, o di quel che rimane della sinistra italiana. In continua gestazione di qualcosa di risolutivo, nuovo, prorompente

Una sorta di rivisitazione del personaggio del tenente Giovanni Drogo, che nel memorabile romanzo di Dino Buzzati, attende inutilmente tutta la vita, una battaglia che lo copra di gloria, contro un nemico invisibile, che si farà vivo solo il giorno del suo congedo dalla vita militare, e che lo coglie inesorabilmente nell’inverno dell’età.

Così pare la sinistra italiana, in perenne attesa, passa da un contenitore all’altro, senza soluzione di continuità, inventandosi e/o reinventandosi percorsi ambiziosi, che spesso naufragano miseramente di fronte ad un elettorato disorientato e disilluso.

In ordine di tempo, si apprende che all’orizzonte si profila una nuova “Leopolda” per il prossimo gennaio, proposta con il titolo di Human Factor (fattore umano per i non anglofoni), con cui Nichi Vendola vuole “federare la sinistra delle piazze che si batte contro il Jobs Act e la precarietà con la sinistra politica e sindacale”. Obiettivo? “Battere Renzi alle prossime elezioni”.

Mi verrebbe da dire: ma allora siete proprio incorreggibili. Ma come, invece di unire la sinistra o quel che ne resta per combattere le destre, facendo tornare il PD alla vera politica di sinistra, nonché a far votare l’elettorato, si pensa a come combattere l’ennesima battaglia fratricida?

I sondaggi portano al 10% la minoranza interna del PD. Mi chiedo quale sarebbe la reale percentuale, se negli anni, coloro che oggi militano nei Verdi, Sel, Rifondazione Comunista, l’Altra Europa per Tsipras, i movimenti le associazioni e le liste civiche, fossero rimasti all’interno del PD, oltre che, tutti quelli che si sono persi per strada scegliendo l’astensione ed il disimpegno.

Bisogna partire dal presupposto che l’antagonista non può e non deve essere il PD, ma semmai il suo modo di fare politica che va cambiato, ma va cambiato dall’interno, modificando gli equilibri di forza ora esistenti, ridimensionando le spinte populiste e mettendo al bando il liderismo stile berlusconiano riproposto da Renzi.

Per una volta la sinistra dimostrerebbe la maturità per incidere sui processi politici, non emarginandosi in “contenitori nuovi”, che di nuovo hanno solo l’imballaggio mentre il contenuto è sempre lo stesso, la autoreferenzialità, ma operando dall’interno del sistema partito.

Anche nelle periferie, i santuari del potere detenuto dai soliti noti, inizierebbero a tremare di fronte ad una nuova rappresentanza “includente”, decisa a spostare l’asse della politica a sinistra, marginalizzando chi per opportunismo in questi anni ha indossato l’abito progressista.

In tal guisa, si potrebbe riunire la sinistra, ridimensionare la prorompenza renziana, dimostrare all’elettorato che finalmente si è costruito un soggetto politico capace di incidere sulla vita pubblica e sopra tutto battere le destre, asserviti al potere delle lobby, che in questi anni hanno massacrato il tessuto sociale, riducendo i cittadini a meri sudditi, immolati sull’altare del potere economico.

E allora, penso sia necessario reinventarsi nuovi percorsi, e porsi la domanda iniziale, “E se invece di uscire si entrasse?”

G.S.


viv@voce

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