Giovanni Impastato. “La mafia non è stata debellata perché non la si vuole debellare, perché la mafia conviene”

Giovanni Impastato. “La mafia non è stata debellata perché non la si vuole debellare, perché la mafia conviene”

L’intervista al nostro giornale di qualche anno fa …

 L’uscita del suo libro “Resistere a Mafiopoli” è senz’altro una denuncia del fenomeno mafioso. Lei crede che questo possa servire a sensibilizzare maggiormente il lettore sull’argomento?

Il libro non è tanto un libro di denuncia quanto un racconto della vita di Peppino, dall’infanzia fino a quando lui è stato ucciso; è quindi un libro di memoria. Io credo che senz’altro la memoria possa servire a sensibilizzare le coscienze, soprattutto quelle delle giovani generazioni, ma non solo.

A distanza di oltre trent’anni dalla morte di suo fratello oggi la memoria di Peppino Impastato è ben salda nelle nuove generazioni. Infatti, il film uscito quasi 10 anni fa “I cento passi” di Marco Tullio Giordana ha ottenuto un ottimo successo cinematografico e di critica. Nel film si parla di Cinisi: cos’è cambiato da allora?

Sicuramente dei passi in avanti si sono fatti, non si può dire che non sia cambiato nulla da allora, sarebbe ingeneroso, ma la cultura dominante a Cinisi è ancora quella mafiosa.

Da Radio Aut al giornalino di contro-informazione che veniva distribuito a Cinisi. Com’è oggi l’informazione nel Comune siciliano?

L’informazione a Cinisi è carente, come lo è in tutta Italia. In questo periodo vi è una mancanza di informazione a livello nazionale, l’informazione è stata lottizzata, è gestita da pochi e poi non vi sono più le radio libere. In Sicilia non c’è molta controinformazione: basti pensare che dagli anni ’50 ad oggi sono stati uccisi 8 giornalisti. A Cinisi vi è un mensile ma è piuttosto stereotipato, pertanto non costituisce un’informazione alternativa.

Mafia: si parla da tantissimi decenni di questo fenomeno, ovvero dagli arroganti che vogliono imporsi sui più modesti. Perché crede che la mafia oggi non sia stata del tutto debellata?

La mafia non è stata debellata perché non la si vuole debellare, perché la mafia conviene. Se ci fosse la volontà, la mafia la si potrebbe debellare anche nel giro di un anno.  Purtroppo non è così perché c’è stata e c’è una connivenza con la mafia anche da parte delle istituzioni. La mafia é contro e dentro lo stato, per questo è un fenomeno così persistente.

Le trasformazioni socio-economiche hanno cambiato una concezione in questo panorama: la mafia oggi non è più quella cruenta di Totò Riina, o meglio quella dei Corleonesi, ma la stessa associazione criminale si è ristrutturata, assumendo atteggiamenti sempre più manageriali e imprenditoriali. Lei crede che questo nuovo volto riesca a mimetizzare del tutto il fenomeno criminale?

Dopo la cattura di Riina e Provenzano l’ala stragista è stata quasi sconfitta, manca solo qualcun’altro da prendere. Ma la mafia oggi è fatta di avvocati, ingegneri, imprenditori, di quella che viene definita borghesia mafiosa. Non si può più concepire la mafia come un insieme di terroristi armati, essa è piuttosto un processo economico nazionale e internazionale, un processo di accumulazione.

Il prezzo che lo Stato ha pagato in termini di uomini validi (Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Rosario Angelo Livatino e tantissimi altri), come anche quello pagato dal mondo politico e dalla società civile (l’on. Pio La Torre e Giuseppe Impastato stesso, ma anche tantissimi giornalisti), secondo lei, alla luce della realtà siciliana odierna, è valso a qualcosa?

Io credo che sia valso a qualcosa. Sicuramente se questi uomini non ci fossero stati oggi dominerebbe la rassegnazione. Il valore di queste persone è ormai riconosciuto da tutti ed è grazie a loro che si può sperare in un cambiamento.

Sicilia oggi: come si rapporta il siciliano con questa atavica situazione regionale?

In Sicilia Berlusconi ha avuto un grandissimo successo portando avanti proposte come il condono edilizio e poi quello fiscale. E’ evidente come ciò non favorisca una cultura della legalità. La Sicilia attualmente vota Totò Cuffaro perché Cuffaro è legato a Berlusconi ed anche perché in Sicilia, come un pò in tutta Italia, manca un’alternativa, manca una parte politica che porti avanti le grandi battaglie sociali come il precariato, la disoccupazione, le questioni ecologiche ecc.

Movimento antimafia in Sicilia: quanto è cresciuto negli ultimi anni?

 Il movimento antimafia in Sicilia non è cresciuto affatto; esso non è paragonabile al grande movimento contadino degli anni ’40, un movimento che ha coinvolto milioni di persone. Negli ultimi anni ci sono stati dei segnali positivi da parte di associazioni come “Addio Pizzo” e “Libera” ma queste ultime rimangono delle avanguardie isolate; non è nato ancora un movimento di massa.

Quale può essere secondo lei il contributo che il singolo cittadino può dare alla lotta alla mafia?

Ognuno di noi può fare moltissimo per contribuire a questa causa, perché la lotta alla mafia è innanzitutto una lotta contro se stessi, contro gli atteggiamenti mafiosi che possono riguardare ciascuno di noi. La mafia non è un problema repressivo, non è un problema di ordine pubblico, ma è un problema culturale. Quindi non la si può sconfiggere delegando questa battaglia esclusivamente ai carabinieri, alla polizia, ai magistrati. E’ importante diffondere una cultura della legalità e questo lo si può fare affrontando tali argomenti negli incontri pubblici, portando avanti progetti nelle scuole ecc. A volte si dice che parlare non serva a nulla, ma parlando si crea perlomeno un argine al fenomeno; se non se ne parlasse, la situazione sarebbe sicuramente peggiore.

E il suo contributo nello specifico qual è?

Io credo di aver dato molto nel mio piccolo. E’da trent’anni, ovvero dalla morte di mio fratello, che porto avanti questa battaglia, e già prima di allora ero al suo fianco. Penso che questo sia stato determinante per mantenere viva la memoria di Peppino, che più tardi il film “I cento Passi” ha contribuito moltissimo a diffondere. Inoltre noi con il “Centro Impastato” abbiamo lavorato moltissimo per fare luce sulla sua morte ed arrivare alla verità, dal momento che inizialmente si riteneva che egli fosse un terrorista. Tutto ciò mi ha portato spesso a stare lunghi periodi fuori di casa, sacrificando famiglia e lavoro, ma ancora oggi non mi sono fermato, vado avanti. La presentazione del libro “Resistere a mafiopoli” mi porterà in giro in tutta Italia e spero che questo strumento serva a diffondere ancora di più una coscienza civile.

Eliana De Giorgio

 

viv@voce

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