NOI CIABATTINI DA PIU’ DI UN SECOLO …

NOI CIABATTINI DA PIU’ DI UN SECOLO …

Fabio Leo, attualmente è l’unico calzolaio di Sava con la sua storica bottega in Via Dello Schiavo, racconta, nella seguente intervista, come un lavoro modesto come quello del ciabattino sia diventata la passione della sua vita, e non solo

Racconta del padre, del nonno e del bisnonno e dell’importanza che questo mestiere ha avuto nella sua famiglia; racconta degli usi e dei costumi cambiati nel tempo e delle tecniche per la riparazione. Racconta di quando suo padre, impiegava ore ed ore per una riparazione a mano e di come lui oggi, invece, per lo stesso lavoro abbia bisogno solo di mezz’ora. La sua famiglia “ha tenuto in piedi Sava” per un secolo e più e lui porterà avanti questa tradizione per molti anni ancora.

Quando avete cominciato, lei e suo padre, a svolgere il mestiere del ciabattino?

In realtà la storia comincia molto prima che mio padre nascesse, perchè il nonno di mio padre era anche calzolaio ed ha lavorato dal 1880 fino a poco prima di morire nel 1922, la sua bottega era proprio in fondo a questa strada. All’epoca si usava barattare la merce e i favori: ad esempio, il mio bisnonno riparava le scarpe ed in cambio riceveva del pane. Il figlio, ovvero mio nonno, invece è stato costretto a lavorare sin da bambino in una masseria qui nelle campagne di Sava perchè il mio bisnonno non voleva che facesse il calzolaio e poi prima si usava mandare i bambini ad imparare un mestiere invece di farli giocare per le strade. Poi nel ’46 nacque mio padre e mentre frequentava la quinta elementare anche lui doveva essere mandato ad imparare un mestiere; così fu lui stesso a dire a suo padre che voleva andare nella bottega del calzolaio. Ma mio nonno si oppose perchè aveva un una brutta idea di questo lavoro in quanto era il mestiere del padre, del mio bisnonno, con cui lui non ha mai avuto un rapporto pacifico. Ma il desiderio di mio padre di diventare calzolaio fu così grande e la sua volontà così ferma, in quanto mio nonno acconsentì e lo mandò ad imparare da Angelo Pichierri che tutti conoscevano come “Maestro Angelo Barracca”.

Di cosa si occupava all’inizio?

Stava vicino al maestro e aveva il compito, insieme agli altri bambini, di fare il “capitieddu”, ovvero un filo di spago intrecciato a mano e con la punta sottile, in modo da andare nelle setole che prima erano setole di porco; poi con questo filo dovevano cucire le scarpe.

Ha avuto altri maestri?

No, è stato l’unico e da lui ha imparato le importanti basi del mestiere del calzolaio; è stato presso la sua bottega fino a sedici anni, quando ha deciso di andare a lavorare a Torino in una fabbrica della Fiat, come facevano allora molti del Mezzogiorno. Ma non ha mai in quegli anni abbandonato il mestiere del calzolaio, anzi, lo praticava come seconda attività.

Quando decise di tornare a lavorare a Sava?

Trascorreva sempre qui a Sava le ferie e fu proprio qui, durante un periodo di ferie, che conobbe mia madre. Per stare con lei, si trasferì nuovamente qui, nel suo paese natale. All’inizio non fu affatto facile; cominciò a ricostruirsi una vita facendo il venditore ambulante di scarpe e allo stesso tempo le riparava a chi ne avesse bisogno. Riprese così pian piano a fare il calzolaio e, visto che era molto bravo ed aveva molti clienti, riuscì ad aprire questa bottega e a praticare a tempo pieno questo mestiere. Per trentotto anni ha lavorato qui fino a quando, qualche anno fa, è andato in pensione.

Lei invece dove ha imparato l’arte del calzolaio?

Ho ripercorso più o meno le stesse tappe di mio padre: anch’io in quinta elementare ho cominciato ad apprendere stando qui in bottega con lui. Lo osservavo e cercavo di cogliere ogni suo gesto   aiutandolo nei compiti più semplici. Come lui ho cominciato cucendo le scarpe a mano e per me era una gioia enorme poter imparare da lui. Le prime scarpe che cucivo erano del tipo delle famose Cult, scarpe molto pesanti e borchiate che si usavano più di venti anni fa. Sorrido quando a volte oggi mi riportano proprio quelle scarpe che io da bambino ho cucito e con un pò di orgoglio penso che ero già un bravo calzolaio se quelle cuciture hanno retto per più di vent’ anni.

La mattina andavo a scuola ed il pomeriggio ero qui in bottega tra scarpe, arnesi e colle di ogni genere. Crescendo ho sentito che la passione per questo lavoro aumentava e col passare del tempo sono diventato a tutti gli effetti un calzolaio al pari di mio padre fino a quando, concluso il periodo del militare, ho intestato io l’attività.

C’erano molti calzolai a Sava quando Suo padre ha cominciato?

Sì, all’epoca erano diverse le botteghe ma mio padre dice sempre che quarant’anni fa anche se c’erano molti ciabattini, le riparazioni da fare erano talmente tante che c’era abbastanza lavoro per tutti. I motivi sono principalmente tre: innanzitutto non si usavano scarpe in gomma come oggi ma  in cuoio e necessitavano di molti tipi di riparazioni per cui era necessaria la mano del calzolaio; poi era diffusa anche l’usanza di farsi realizzare le scarpe interamente su misura, a mano dal ciabattino, e ciò richiedeva tempo e molta esperienza; oggi, e questo è il terzo motivo, è diffusa l’usanza di  buttare le scarpe quando sono anche leggermente usurate e comprarne un paio nuovo, dato che si trovano anche scarpe molto economiche soprattutto con la diffusione di prodotti cinesi, mentre prima per risparmiare si tenevano solo due paia: uno più costoso per le feste ed uno per il lavoro. Mio padre ha costruito una casa e mandato avanti una famiglia con i guadagni di questa bottega; ha fatto molti sacrifici ma è riuscito a realizzarsi.

Sono cambiate nel tempo le tecniche per la riparazione e gli strumenti utilizzati?

Sì, il mestiere del ciabattino é cambiato nel tempo sia per il tipo di riparazioni, ma anche perchè con l’innovazione tecnologica è possibile fare in un decimo del tempo gli stessi lavori  per cui prima erano necessarie diverse ore. Ad esempio, per la riparazione delle suole uso una cucitrice specifica per suole sia in cuoio che in gomma, con cui in mezz’ora riesco ad ultimare la cucitura, invece prima si cuciva a mano. Oggi inoltre, le suole sono principalmente in gomma e il problema è che si possono spaccare; per mezzo di una colla sintetica e di un forno che riattiva le molecole della gomma, riparo la suola. Prima invece per riparare una suola si spalmava la colla sulla mezzasuola, si aspettava che asciugasse e poi si martellava sulla forma poggiandola sulle proprie gambe per farla aderire; ed era molto scomodo. Mio padre ha vissuto nel corso della sua vita tutti i tipi di cambiamenti sia per quanto riguarda le usanze e i gusti delle persone ma ha visto cambiare anche le tecniche e i macchinari usati.

Oggi quindi si tende a buttare le scarpe vecchie invece di farle riparare, ma questo vuol dire che non c’è più molto lavoro per il ciabattino come ai tempi di suo padre?

Oggi con la crisi economica gli acquisti di scarpe dovrebbero diminuire e invece aumentano perchè molte delle scarpe comprate sono cinesi, di conseguenza molto economiche e di qualità inferiore alle scarpe realizzate in Italia. Questo vuol dire che per me c’è molto lavoro perchè le scarpe di bassa qualità si rovinano facilmente e necessitano di piccole riparazioni continuamente, ma allo stesso tempo non posso applicare dei prezzi diversi a seconda della qualità della scarpa perchè i costi che io sostengo per i macchinari, i prodotti e la manodopera, restano invariati. I clienti dovrebbero comprenderlo, ma non è sempre così.

Gaia Monti Guarnieri

 

 

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