L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI SALLUSTI E QUELLA, MINORE, DI CHIAMARSI CAFORIO O TANTI ALTRI

L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI SALLUSTI E QUELLA, MINORE, DI CHIAMARSI CAFORIO O TANTI ALTRI

Ma Sallusti non è un angioletto, e sa bene che questo ruolo di vittima non è suo …

Tutti stanno sollevando un polverone sulla condanna inflitta al direttore di “Libero”, Alessandro Sallusti. Manco fosse, per davvero, un martire della libera informazione alle prese con una censura che blocca anche il respiro, oltre alla penna, di chi scrive. Ma stiamo, credo, esagerando in questa difesa ferrea verso il direttore di Libero, capace di imporre dalle sue prime pagine condanne politiche e di seguito, spalleggiato dalla sua area politica di riferimento, vedere il proseguo di questi attacchi nelle alte sedi istituzionali. Opera chiamata, dai più, killeraggio mediatico.

Ecco, questo è Alessandro Sallusti, spesso lo è stato allo stesso modo anche Vittorio Feltri. Imbottiti di denaro a più non posso dal loro editore, che guarda caso si chiama Paolo Berlusconi, hanno usato uno strumento di comunicazione, e di informazione quale dovrebbe essere un giornale, strumento di attacchi efferrati e soprattutto di parte. I toni accusatori forti contro le più alte cariche dello Stato (Napolitano, il Presidente della Camera Gianfranco Fini, oppure contro i magistrati che si battono contro la mafia in Sicilia, ecc.) sono stati sempre ripresi dallo schieramento politico a cui faceva riferimento “Libero”, ovvero dal centrodestra in primis dal PDL. Questo è “Libero”, giornale dal cui nome non si evince nulla, tutt’altro che libero. Questo giornale, come tutti gli altri quotidiani italiani d’altronde, è sul libro paga del contribuente a oltre 10 milioni di euro all’anno. Domanda: ma quante copie stampa “Libero”? Si parla di circa 70 mila copie stampate. E lette? Non ci è dato sapere. Il badget poi viene sforato nel momento in cui un giornale si abbina ad un altro.

Ed ecco pronta la novità: due giornali al prezzo di uno. Ma non è così: il contribuente paga solo direttamente il primo, il secondo lo paga indirettamente. Ma che, comunque, paga anche il secondo. Personalmente non sono mai stato d’accordo sulle sovvenzioni da dare alla stampa italiana e per esperienza personale posso ben dire e a testa alta di aver rifiutato le 200 euro al mese che nel 2006 l’amministrazione comunale savese dell’epoca voleva dare alla stampa locale. Credo, invece, che un giornale quanto più libero è (e non quello che dirige Sallusti!), è meglio per tutti. Sia per chi scrive e sia per chi lo legge. Ma stiamo in Italia e nella nostra nazione tutto è possibile fino a quando avremo chi non ha il rispetto del denaro del contribuente. Basta guardare le altre nazioni europee e ci accorgiamo di quante storture abbiamo in casa. Ma non era questo il tema di questo articolo. Questa era soltanto una piccola parentesi.

Dal titolo messo a questo editoriale (L’IMPORTANZA DI CHIAMARSI SALLUSTI E QUELLA MINORE DI CHIAMARSI CAFORIO O TANTI ALTRI) quello che voglio comunicare, a voi cari lettori, è questo: quanti di noi che scriviamo sono sempre sotto la scure della minaccia, e poi al dato di fatto, della querela che ci aspetta dentro un’aula di Tribunale? Oltre ai rischi delle aggressioni? Tanti, tantissimi sono e siamo che ogni giorno dobbiamo stare attenti a lesinare le parole e a dare alle parole il giusto significato, senza lasciarci prendere dalla vena emotiva. Ma a volte non basta manco questo. Andiamo ai fatti e parlo per esperienza mia diretta: sono stato condannato, in primo grado, per aver detto all’ex sindaco del nostro paese questo: “Lei è incriminato e quindi non è degno di stare sulla poltrona di primo cittadino a Sava. Si dimetta!” Scomponiamo le parole e diamo, con il vocabolario in mano, il senso alle stesse. Incriminato non vuol dire condannato, vuol dire solo persona che è accusata di un reato e quindi il rinvio a giudizio, davanti al giudice, è la conseguenza di questa accusa. Incriminato, vuol dire questo. Non vuol dire avere offeso la persona, vuol dire solo aver letto le carte della Procura e dato un senso a queste.  E questo non è bastato per farmi evitare la condanna. Ora un giornalista che indaga, e al tempo stesso legge gli atti e si fa pure promotore della scoperta di fattacci che avvengono nella Casa comunale, anzi chè assolverlo (proprio in virtù di quanto letto sopra, ndr) ed elogiarlo, in quanto è stato capace di aver scoperchiato pentole e pentoloni che chi amministrava teneva ben chiusi, si vede condannato!

Ma non è solo questo: in un altro procedimento, sulla triste fine della Cantina Sociale di Sava (bancarotta netta netta, ndr) sono stato condannato in primo grado, salvo poi vedere la sentenza di primo grado annullata dalla Sezione D’Appello di Secondo grado. Sapete quale è stato il passaggio in cui, il giudice di primo grado, mi ha condannato? Eccolo, questo è stato  scritto nel mio articolo: “Esisteva un collegio dei sindaci revisori all’interno della Cantina Sociale di Sava che era pagato dai soci stessi. Perche non ha controllato o ha fatto altro?” Su questa frase mi sono dovuto difendere, prima della sentenza di primo grado, in un aula di Tribunale con il mio avvocato da una parte e dall’altra da uno stuolo di avvocati dell’accusa che mi dicevano di tutto. 

Uno di questi disse testuali parole davanti al giudice: “Signor giudice il mio cliente è stato danneggiato da questo articolo in quanto ha perso molta fiducia dei suoi clienti”. Domanda, logica: come facevano i suoi clienti a sapere che c’era anche lui in questo Collegio dei sindaci revisori? Ora questo scritto non è per apparire il paladino o altro, questo articolo spero che serva a chi ha ancora il coraggio di sdegnarsi e di rimboccarsi le maniche, nonostante i reali rischi che si corrono,  e di far capire meglio le cose a chi vuole leggere la realtà.

Ma ci sono tanti Giovanni Caforio che non abbassano la testa con lo spauracchio di una denuncia o di una condanna. Fino a quando ci saranno persone che scrivono, e che lottano anche, per le vostre libertà potere stare un tantino più tranquilli. Ma se non ci fossero queste persone, beh credo che sarebbe dura. Davvero dura. Altro che mostrare solidarietà per un mistificatore prezzolato  che fa di nome Alessandro Sallusti …

Giovanni Caforio

viv@voce

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