POLITICA E CRIMINALITÀ. Politici e criminali

POLITICA E CRIMINALITÀ. Politici e criminali

Come questo abbraccio mortale distrugge la nostra democrazia

Spesso sentiamo dalle pagine dei giornali attentati contro i politici e in questo articolo cerchiamo di capire come avviene questo famigerato accordo che in tante occasioni ha investito le diverse Procure della nostra nazione, anche con arresti eccellenti di politici o amministratori, oltre che di criminali.

In genere quando un politico subisce un attentato, di qualsiasi genere, è sempre un serio campanello d’allarme per la nostra democrazia in quanto vengono usati modi e metodi che non appartengono al nostro Stato di Diritto. La dialettica, il confronto, sono il sale della nostra comunicazione democratica e il tutto viene deciso dalla consultazione popolare.

A volte sono i politici che cercano per davvero i criminali (fa testo l’ex Presidente del Consiglio di Manduria  Nicola Dimonopoli  che fu arrestato, il quale fu proprio lui a cercare i criminali per avere maggiori possibilità di riuscita nella competizione elettorale), a volte sono i criminali che si mostrano disponibili al politico e, al tempo stesso, gli fanno capire che può contare sul loro appoggio quando c’è bisogno. E il bisogno per alcuni dove sta? Nel classico pacchetto di voti che sono gestiti dal crimine, a volte sono anche determinanti in una tornata elettorale, e possono essere vitali anche a un probabile fotofinish. E qui il politico può dire sì e può dire anche no.

Ipotizziamo che dice sì, allora avviene il classico abbraccio mortale. Il crimine presenta il conto in quanto si è prodigato per il successo ottenuto dal politico. E questo conto da pagare, per il politico, qual è? Le promesse fatte, tipo assunzioni o tipo lavori pubblici. Se i patti tra il crimine e il politico vengono rispettati allora tutto è tranquillo. E se i patti il politico non li rispetta, o non li può più rispettare? Allora cominciano i messaggi, gli avvisi sulle cose concordate. E dopo, che scenario può aprirsi? E se il politico fa il classico “orecchio da mercante”?

Il crimine non desiste e passa alle maniere più bellicose. Tipo? Ti taglia le ruote alla macchina, ti manda qualche ceffo a rigartela tutta. E questo è un clichè ben rodato in quanto diventa il primo avviso “operativo” del crimine. Che può succedere dopo? O il politico soccombe alle pretese del crimine, secondo i loro accordi, oppure il crimine ha altre ben azioni molto dimostrative. Dove si passa?

All’incendio dell’auto: atto dimostrativo molto sostanzioso. E qui la situazione diventa molto incandescente: iniziano le indagini e  gli inquirenti vogliono capire, interrogando il politico, quale è stato il motivo di una simile efferata azione e scoprire gli autori principalmente.  Quest’ultimo, spesso e volentieri, fa finta di non sapere quali possono essere le ragioni che hanno spinto il malavitoso a un simile gesto. E non è facile dire di non sapere nulla, non ti incendiano la macchina per un capriccio di qualche ceffo qualsiasi. E già qui le indagini non partono con il piede giusto.

Magari il crimine, dopo questo vile gesto vuole alzare il tiro e far capire al politico che lui non scherza. E che può succedere ancora? Magari mettendo fuoco alla casa in campagna o a quella al mare che il politico potrebbe avere. Il politico fa finta di non sapere nulla su chi compie questi atti criminosi e gli inquirenti navigano nel buio in quanto perdono la fonte principale delle loro indagini: il politico. Anzi, a volte può succedere anche che il politico indirizza le indagini verso chi, diciamo così, gli è antipatico.

E qui si perde solo tempo. Uomini e mezzi destinati alle indagini che fanno un buco nell’acqua. Si racconta che non molti decenni fa ad un amministratore jonico non furono risparmiate alcune fucilate al proprio portone di casa. Gesto condannabile in assoluto. E subito la stampa accorse per descrivere l’accaduto e di seguito chiedere alla vittima quali potevano essere i motivi che lo hanno bersagliato.

L’amministratore rispose: “La malavita non entrerà mai nel nostro Comune!” Qui molti pensarono che in tema di assegnazione di lavori pubblici o gare d’appalto ghiotte, il crimine voleva avere la sua classica fetta di torta. Ma ci fu un grillo parlante che raccontò un’altra storia sull’accaduto.

Disse che le fucilate non erano state fatte dal crimine ma bensì da un parente dell’amministratore in quanto, in tema di affari, quest’ultimo aveva fatto il classico asso pigliatutto!

Giovanni Caforio

viv@voce

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