TARANTO. Coronavirus. “Quegli sguardi che si incrociano mentre giriamo tutti infagottati valgono più di un abbraccio”

TARANTO. Coronavirus. “Quegli sguardi che si incrociano mentre giriamo tutti infagottati valgono più di un abbraccio”

La bellissima testimonianza del dott. Massimo Soloperto, dirigente medico del Reparto di Pneumologia dell’ospedale Moscati 

Tutti i rumori nella notte si amplificano e nel buio della mia stanza , ascolto il respiro affaticato di mia madre nella stanza accanto che a volte mi tiene in apprensione nella sua fragilità di novantenne.

In altri tempi mi avrebbe infastidito questo perenne stato di veglia ma, in questo periodo ,l’affannoso silenzio mi distoglie dai miei pensieri legati ad un lavoro,il mio, che improvvisamente e’ diventato diverso :il paziente che non è solo un malato da aiutare ma anche un potenziale pericolo per la mia salute.

Mi alzo,quasi sempre prima della sveglia,e mentre mi preparo per andare al lavoro cerco di sentire alla radio qualche notizia che mi conforti in termini di numeri di contagi, infetti,guariti,morti con numeri spesso indecifrabile … avrei bisogno di una sola notizia:ragazzi,le infezioni stanno diminuendo drasticamente..invece no,si va avanti nella speranza di impercettibili miglioramenti.

La strada per andare in ospedale è quasi deserta,ho il modello di autocertificazione sul sedile accanto…l’ultima volta che un carabiniere mi ha fermato appena hanno scoperto che ero un pneumologo del Moscati mi ha subito chiesto: “Dottore ma come vanno le cose da lei?”. E mi ha congedato con un saluto pieno di speranza.Entro in reparto e comincio nella mia mente a ripassare i pazienti sul mio piano…mi preoccupa molto la signora anziana della seconda stanza … respira a fatica e piange quando ci vede,vorrebbe il conforto della sua figlia e la sua nipotina, lei che è abituata a malattie non così crudeli ricordando che ha tenuto la mano del suo marito fino all’ultimo respiro.

Dai,un sospiro e cominciamo la vestizione meticolosa con tutti i dispositivi di protezione…e si entra a visitare i pazienti … si incontrano gli sguardi degli infermieri di turno, anche loro infagottati nelle loro divise di protezione..quello sguardo che si incrocia ci sostiene e vale più di un abbraccio.

Si posizionano ventilatori e si eseguono procedura che prima erano neanche ipotizzzabili: ad un paziente si era incastrato il catere vescicale, in altri momenti avresti chiamato l’urologo e lui avrebbe risolto il problema. Ma al momento siamo soli al Moscati, noi e i Covid.

Gli urologi sono in un altro ospedale e allora rapido consulto e il collega ti dice come sbloccare il catetere anche se non è proprio tra le procedure di un pneumologo.

Si va avanti e quando si arriva all’ultimo paziente finalmente si pregusta il momento di togliere quella mascherina che ti brucia il viso e quella tuta che ti asfissia.

Finalmente dopo una svestizione lunga e meticolosa di esce dalla “zona rossa”.Si compilano le cartelle e si danno le disposizioni agli infermieri per i vari pazienti.Si torna a casa pensando se hai fatto tutto con ordine e precisione.

Si torna a casa stanchi e preoccupati ,non guardi più la tele…non ne puoi più di sentir parlare di Coronavirus…Una lettura sugli ultimi orientamenti diagnostici e terapeutici di questa malattia e poi, per distrarmi,una pagina di lettura del mio ultimo libro di Buzzati.

Spengo la luce in compagnia dell’affannoso e familiare silenzio, ma questa notte mi sento alleggerito dal pensiero che la signora anziana della seconda stanza sta meglio e non piange più quando ci vede.

Immagino che potrà riabbracciare la sua nipotina. Sto per addormentarmi ma un insolito pensiero si staglia nella mia mente :penso che quest’anno nonostante i disastri e le sofferenze porterà un Natale che saprà davvero di buono e di magico.

Buona notte,amici miei

 

viv@voce

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