VIV@VOCE. La storia di un untorello che ha rotto un modo arcaico di informare

VIV@VOCE. La storia di un untorello che ha rotto un modo arcaico di informare

Maggio 2004- maggio 2019. I nostri meravigliosi 15 anni

Nato nel lontano maggio del 2004, il nostro giornale ha preso a sgambettare in una realtà non facile qual è quella dell’informazione locale. Dedita, quest’ultima, a pubblicizzare i messaggi, nelle interviste a turno, che ogni politico o amministratore amava fare. Pur di far bella figura sulla carta stampata.

Questa prima fase l’abbiamo affrontata ma in modo ben diverso. In che modo? Scalzando l’intervistato con domande non convenzionali ma mirate a ciò che volevamo e non a ciò che voleva lui. O così, o diversamente non facevamo.

Convinto che un giornalista, o presunto tale, deve conoscere abbastanza bene l’intervistato e da qui sapere cosa può interessare al lettore, unico destinatario di un argomento, di una tematica che gli può interessare. E da qui siamo partiti con il nostro modo di informare, molto difforme dai giornali locali che esistevano già prima di Viv@voce.

E credo che, nel campo della pluralità delle voci, abbiamo rotto una specie di “monopolio” dedito alle simpatie di chi, a turno, amava usare la carta stampata per fare bella figura. E siamo andati avanti, senza chiedere aiuto a nessuno. E questo lo possiamo dire a testa alta. Con dignità. Con orgoglio. Con fierezza. Il lettore mi trovi un giornale, anche su scala nazionale, che rifiuta un contributo mensile da una amministrazione. Uno solo. Impossibile. Non ce ne sono. E Viv@voce questo lo ha rifiutato.

Abbiamo sempre tenuta alta la nostra autonomia, lontana dalle sirene della politica, vera divoratrice dell’informazione. E siamo andati avanti. Pur con qualche difficoltà, ma sempre a testa alta e a non far mancare l’appuntamento quindicinale nelle edicole del nostro paese. La versione cartacea era una chicca. Un qualcosa che veniva costruito con passione e forse anche con amore per questo progetto che, molti da fuori paese, si meravigliavano come Sava avesse, nel bene o nel male, un giornale come questo.

Nel 2012 abbandonammo il cartaceo, un vero peccato tra l’altro, e ci buttammo nel web. Esperienza questa che iniziò, già nel 2006, Viv@voce aveva un sito web che molte testate locali, seppur titolate, allora non avevano. Forse eravamo in anticipo sui tempi. Forse. Un dato tecnico, se può servire al lettore: nel 2004 partimmo con ben 24 inserzioni pubblicitarie le quali ci permettevano di abbattere quasi del tutto i costi di produzione, tipografia in testa.

Nel 2012, dopo quasi nove anni, Viv@voce registrò solo quattro inserzioni pubblicitarie. Poche. Anzi, pochissime. Le quali non avrebbero permesso a nessun giornale di vivere a meno che non si mettesse mano al portafoglio. E questo fu un dato che ci fece riflettere, nonostante nelle edicole il giornale andava bene con le sue 250/300 copie vendute. Ma l’introito delle edicole non copriva affatto tutti i costi restanti. Nel modo più assoluto.

Credo che ci fu una sorta di tam tam da parte di qualcuno, che poi è stato condannato in via definitiva per diffamazione, a minare l’unica forza economica che dava linfa a Viv@voce. Ma non ci siamo scoraggiati. Per nulla proprio. E con testardaggine, quasi all’inverosimile, siamo andati avanti ad informare e a sbarcare sul web in modo definitivo.

Il boom degli smartphone, con i social al seguito poi, sono stati i fattori che ci hanno supportato. E credo con giusto riconoscimento. E oggi siamo ancora qui, alla faccia di qualche caprone fascista tinteggiato di democrazia, sempre a difendere un modo di pensare, di informare, al di fuori dell’ufficialità.

E Viv@voce è sempre una porta aperta per tutti.

Chaplin diceva: “È veramente buono battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perché il mondo appartiene a chi osa! La Vita è troppo bella per essere insignificante!”

Già. Sempre convinto che non è importante quanto sia grande un progetto editoriale. L’importante è che esso sia libero e indipendente.

Questo è Viv@voce …

Giovanni Caforio

viv@voce

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