TARANTO. «La deriva intrapresa dal nostro Paese ci spaventa, perché nega l’autodeterminazione»

TARANTO. «La deriva intrapresa dal nostro Paese ci spaventa, perché nega l’autodeterminazione»

Nota stampa di Luigi Pignatelli, Presidente Arcigay Strambopoli – QueerTown Taranto, Presidente Hermes Academy Onlus

L’amministrazione comunale di Taranto – la medesima amministrazione che da che si è insediata stenta a rispondere alle nostre richieste; che non aderisce alle rete ReADy (e noi facciamo periodicamente richiesta ogni tot mesi dall’ormai lontano 2013); non discute tantomeno mette ai voti l’adozione di un regolamento comunale contro le discriminazioni di ogni sorta (regolamento presentato da Arcigay Strambopoli dopo un paio di settimane dall’insediamento dell’Assessora alle Politiche Sociali Simona Scarpati); non dimostra un briciolo di sensibilità per il nostro progetto (attivo dal gennaio 2018) di social housing, né per lo Sportello MigranTA (attivo dal 2016), né per il Pride 2019 – ha autorizzato serenamente l’affissione di questo manifesto in Via Dante e, immaginiamo, anche in altri luoghi.

“Uccisa dall’ideologia razionalista post-cristiana e dal silente buon cristianesimo borghese”: non occorrono perifrasi per quanto scritto sul manifesto redatto da Uomini Vivi Onlus, per dare notizia della messa in memoria di Eluana Englaro prevista, a dieci dalla scomparsa, presso la Chiesa delle Clarisse a Grottaglie (TA).

La libertà di pensiero è un diritto inalienabile, così come quella di culto, ma la deriva distopica intrapresa dal nostro Paese ci spaventa perché nega l’autodeterminazione.

“Se non posso essere quello che sono adesso, preferisco morire”. Eluana Englaro aveva vent’anni quando ha pronunciato queste parole di fronte alla tragedia di un suo caro amico in coma. L’anno successivo, il 18 gennaio 1992, Eluana resta vittima di un gravissimo incidente stradale. Conosciamo il resto della storia. 

Come ricorda papà Beppino: “Anche grazie a lei lʼItalia ha una legge sul “fine vita”.

Facendo riferimento alle battaglie giudiziarie, aggiunge: «Lei è stata una vittima sacrificale perché allora la medicina lʼha condannata a vivere in una condizione alla quale ha sempre detto no.»

Riteniamo che le espressioni riportate sul manifesto siano passibili di denuncia.

Non dobbiamo smettere di lottare, non possiamo e non dobbiamo credere che i diritti conquistati siano intoccabili. Dobbiamo fare i conti ogni giorno con il sessismo, il patriarcato, il razzismo (e purtroppo devo usare questo termine scorretto al posto di xenofobia), l’omotransfobia e tutto quanto di peggiore il genere umano può generare.

Denunciamo sempre! E non dimentichiamo che il corpo è lo strumento biopolitico più potente di cui disponiamo.

Maria D’Urso

viv@voce

Lascia un commento