Frammenti popolari savesi. Antonio Spada. “Ci llèunu ti sotta quiddi …”

Frammenti popolari savesi. Antonio Spada. “Ci llèunu ti sotta quiddi …”

E’ il gergo dei conducenti dei traini, trainati dai cavalli, alla fine del viaggio, liberando l’animale dai finimenti

Ci  llèunu ti sotta quiddi imprenditori che indossano la tuta insieme agli operai e per riconoscenza vengono tartassati dal fisco.

Ci  llèunu ti sotta quiddi volontari che con il loro aiuto cercano di riempire il vuoto che lasciano coloro che sono pagati per quel lavoro.

Ci  llèunu ti sotta quiddi che non votano più, perché non si sentono rappresentati da chi vuole pagare il riposo e non ha nessuna idea di quello che c’è da fare.

Dall’altra parte c’è quello che rimane impassibile davanti alla morte per annegamento di chi lotta solo per vivere.

Ci  llèunu ti sotta quiddi che sono stati delusi dai politici del vecchio centro-destra, perché regalava denaro agli amici degli amici per costruire fabbriche che non sono mai andate in funzione, specialmente al Sud, diventando proprietari della struttura.

Ci  llèunu ti sotta quiddi che, con il vecchio centro-sinistra col trucco delle 100 giornate ingaggiate nell’agricoltura, quasi sempre fasulle, molti godevano della disoccupazione e della malattia, facendo lavoro in nero.

In piazza qualcuno che non gode la stima di tutti commenta: “Perché Don Ciotti, che lotta per la confisca dei beni alla mafia, non fa sequestrare le fabbriche costruite al Sud con i soldi dello Stato, quei soldi che vengono anche dalle tasse degli emigranti che, tornati dall’estero, hanno fatto costruire le proprie abitazioni senza chiedere niente allo Stato, hanno fatto studiare i figli, che hanno lo stesso destino dei padri e, invece della valigia di cartone, hanno il trolley?”

Ci  llèunu ti sotta quišti zicca a mancari puru la paja, la biava e la canijata pi lu cavaddu, rimani sulu la ferràscina…

Antonio Spada

 

viv@voce

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