TARANTO. “Rifiuti, tra bufale e misteri il capoluogo jonico è maglia nera in Puglia”

TARANTO. “Rifiuti, tra bufale e misteri il capoluogo jonico è maglia nera in Puglia”

Legambiente chiede di estendere il “porta a porta” a tutta la città mentre il Comune non rende noti gli ultimi dati della raccolta differenziata

Dopo gli incrementi registrati a ottobre del 2017 nella percentuale di raccolta differenziata di rifiuti nel comune di Taranto, volevamo sapere cosa fosse successo nei mesi successivi. Abbiamo perciò consultato l’Osservatorio Rifiuti Regione Puglia, alimentato direttamente dai Comuni, ma abbiamo constatato che stranamente i dati inseriti dal Comune di Taranto sono fermi a ottobre del 2017, cioè a 5 mesi fa.

A quel punto abbiamo controllato gli altri comuni capoluogo di provincia per verificare se fosse un atteggiamento generalizzato, ma abbiamo potuto osservare che non è così: metà segnala i dati fino a dicembre 2017, l’altra metà arriva a febbraio del 2018; il Comune di Taranto è, quindi, maglia nera, ultimo tra i capoluoghi pugliesi nella solerzia con cui si mettono a disposizione dei cittadini dati che interessano tutti. Il motivo è, per noi, un mistero, possiamo solo supporre che  non si  ritenga necessario renderli noti e permettere di averne conoscenza.

Una rapida scorsa ai dati disponibili rende infatti evidente che, a prescindere dai dati relativi agli ultimi mesi, Taranto è la pecora nera pugliese della raccolta differenziata se paragonata agli altri capoluoghi di provincia. Infatti è partita da un irrisorio 15% di gennaio del 2017, passato al 19% di febbraio per giungere al 19,5% di settembre e al “picco” del 23,6% di ottobre in corrispondenza delle rilevazioni utili per non pagare l’ecotassa. Dopo…non si sa… Altrove fanno tutti meglio. 

Ecco i dati: Bari gennaio 2017 40%, Settembre 43,6%, Ottobre 43,9%, Novembre 41,1%, Dicembre 39,6%. 

Foggia gennaio 2017 24%, Settembre 27%, Ottobre 36,3%, Novembre 27,6%, Dicembre 27,9%. 

Brindisi partita dal 20% di gennaio 2017, a Settembre era al 29%, a Ottobre 39,5% per superare poi il 50%: Novembre 51,3%, Dicembre 54,8%, Gennaio 55,2%, Febbraio 56,8%. , mentre Lecce fa ancora meglio: a gennaio 2017 è al 41%, da Settembre supera il 60% raggiungendo il 61,8%, poi Ottobre 63,4%, Novembre 61,7%, Dicembre 61,7%.

Nella BAT, la peggiore è Trani gennaio 2017 al 20%, Settembre 20,9%, Ottobre 20,7%, Novembre 20,4%, Dicembre 19,8%, nel 2018 Gennaio 19,1%, Febbraio 21%, ma Andria gennaio 2017 al 65,6%, Settembre 65,2%, a Ottobre 61,8%, Novembre 59,9%, Dicembre 56,6%; nel 2018  Gennaio 65,6%, Febbraio 61,1%. 

Barletta infine straccia tutti: gennaio 2017 al 67,5%, Settembre al 66,5%, a Ottobre 68,1%, Novembre 70,5%, Dicembre 67,3%, Gennaio 2018 70,7%, Febbraio 2018 73,2%.

Ci si sarebbe aspettati che a fronte del disastro tarantino gli ultimi mesi avessero visto un fervore di iniziative, la messa a punto di un programma ambizioso e verificabile, ma finora non è accaduto nulla di tutto questo: nel vuoto di iniziative concrete sono solo fiorite giustificazioni e bufale.

C’è chi, ad esempio, sostiene che non si può paragonare il dato di Taranto con quello di molti comuni della sua provincia (che hanno fatto grandi passi in avanti) a causa del diverso numero di abitanti. Dimenticando, evidentemente, che il dato vergognoso di Taranto, città di quasi 200mila abitanti, è meno della metà di quello di Bari che di abitanti ne ha oltre 320 mila, o di Bologna che ne ha 388mila ed è sopra il 45% o di Torino, che ha circa 883mila abitanti e supera il 40%, per non parlare di Milano, che di abitanti ne ha ben 1milione347mila e supera il 55%. Fermo restando che Brindisi, Lecce, Barletta, Andria, Foggia, non sono certo paesini, ma cittadine, che vanno dai quasi 90mila abitanti di Brindisi agli oltre 150mila di Foggia.

Altri mettono in risalto la eccessiva vastità del territorio del comune di Taranto che renderebbe più difficile raggiungere determinati risultati. Non avendo presente, evidentemente, l’esempio di Parma città di quasi 195mila abitanti (poco meno di Taranto), con una estensione di 260 chilometri quadrati (poco più di Taranto che ne conta 250) in cui la raccolta differenziata supera il 75% (non è un refuso: è proprio settantacinque%), cioè il quadruplo della nostra città.

Sempre a Parma, dove la raccolta differenziata è basata sul porta a porta – come d’altronde in ogni comune italiano che abbia raggiunto buoni risultati – il costo della tassa rifiuti per una famiglia considerata “tipo” (famiglia di tre persone con un appartamento di proprietà di 100 metri quadri ) è di 255 euro, molto meno che a Taranto dove la stessa famiglia paga circa 340 euro, ma si afferma molto spesso che il porta a porta costa troppo.

All’assessore all’ambiente e vicesindaco di Taranto che recentemente ha affermato che da metà aprile “la raccolta differenziata subirà un’accelerazione che si alimenterà su una migliore organizzazione del servizio e più incisività verso chi violerà le norme” ribadiamo che l’esperienza di questi anni in tutta Italia ha dimostrato che la crescita della raccolta differenziata è strettamente collegata all’adozione della raccolta porta a porta, con suddivisione a monte della tipologia dei rifiuti conferiti e conseguente scomparsa dei cassonetti dalle strade. 

Ad agosto dell’anno scorso avevamo chiesto alla attuale Amministrazione Comunale di voltare pagina rispetto al passato e di mettere mano in tempi brevi a un progetto serio che estendesse gradatamente il “porta a porta” a tutta la città secondo un preciso cronoprogramma.

Avevamo chiesto di partire dal quartiere Paolo VI considerato che c’era già stata nei mesi precedenti una campagna di informazione, con manifesti, inserzioni pubblicitarie, spot televisivi, incontri, corsi di formazione all’insegna dello slogan ” Ci siamo e (ce) la facciamo “. 

Stiamo ancora aspettando.

Leggere solo pochi giorni fa, nella stessa intervista, che “passeremo anche agli altri quartieri cittadini sia intensificando la raccolta differenziata porta a porta nei casi in cui è possibile farla agevolmente ma anche realizzando delle isole o dei punti in cui poter conferire in strada i rifiuti differenziati” ci conferma che, purtroppo, si sono persi sette mesi inutilmente, visto che non viene ancora fornito alcun cronoprogramma con obiettivi concreti e date di verifica, ma solo generiche rassicurazioni e, soprattutto, che si persiste in un atteggiamento sbagliato che pensa di limitare l’innovazione nella modalità di raccolta ai soli luoghi dove è “possibile farla agevolmente”. 

Un atteggiamento che, se non si inverte la rotta, ci candida a restare maglia nera.

 

 

viv@voce

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