SAVA. Dopo la condanna per diffamazione a Lucia IAIA. La dialettica non passa dalle carte bollate. Le offese sì

SAVA. Dopo la condanna per diffamazione a Lucia IAIA. La dialettica non passa dalle carte bollate. Le offese sì

A proposito di democrazia e di rispetto delle idee, e dei pareri, altrui

Oggi tutti sappiamo l’importanza della comunicazione e dell’informazione. Oggi un avvenimento non aspettiamo di conoscerlo il giorno successivo ma quasi sull’immediato. E spesso, successo questo, a volte ci è stata negata anche la conoscenza di un fatto, di un avvenimento. Ma oggi, per fortuna direi, non è più così. E siamo, se si può dire, anche fortunati. Abbiamo gli strumenti telematici a portata di tutti. Gli smartphone hanno dato il colpo di grazia a chi credeva che ancora la libera informazione restasse solo una chimera.

E spesso abbiamo detto, dalle colonne di questo giornale, che Sava non è fuori dal mondo. Assolutamente. Sava ha le sue problematiche, più o meno ma forse più, delle altre realtà limitrofe. E su questo, quotidianamente, ci misuriamo. Dalla buca stradale trascurata che dopo qualche giorno diventa una voragine ghiotta per molti furbacchioni che aspettano ansiosi di chiamare il nostro Comune ai danni procurati alla propria autovettura. 

O delle erbacce sui marciapiedi, spesso davanti a casa disabitate. Insomma cerchiamo, nella quotidianetà di raccontare questo paese. Spesso mettendo sul banco chi, a turno, amministra questo paese. E qui viene, il classico, bello. Attirarsi le antipatie di un amministratore non è difficile: basta parlare male del suo operato. E poi, che succede? Succede che ti leva il saluto. Come minimo. E come, massimo? E’ pronta la ritorsione.

Cerca di poterti colpire meglio come può. Nelle sue facoltà, s’intende. Spesso nascondendo la classica mano dopo aver lanciato la pietra. E diciamo che, anche su questo, siamo vaccinati. Abbiamo avuto modo di conoscere la loro codardia. E andiamo agli ultimi anni. Ad essere precisi a questi ultimi. Rapporto cordiale subito dopo la tornata elettorale. Amministratori che si mostravano rispettosi dei ruoli. Ma poi, ecco il patatrak! Eretto un muro. Assoluto. Tolto il saluto. E magari denigrandoti davanti agli altri.

Ma credevano che facendo così qualche risultato lo avrebbero ottenuto. Ovvero, quello di squalificarci. E così si è passati al rispetto del parere sullo stato delle cose all’odio. Un odio smisurato. Ma davvero. Un odio incredibile che, nella storia di questo paese, non si era mai visto nulla di tutto ciò. Qualcuno potrà dire che è l’evoluzione dei tempi. Può darsi. Ma una marea di denunce, credo che siano state 8, una più o una meno, hanno pensato di mettermi ko.

E su questo ce la stiamo giocando. Dapprima imputato ed ora non sono solo. Poi succede che si critica sui social, e forse è ancora una ragione valida nel dialogo questo, ed ecco il libero sfogo alle offese personali. Infamanti e diffamatorie. Prendere uno schiaffo ci può stare. Tanto, sappiamo ricambiarlo. E ci mancherebbe. Ma nel dialogo ci vuole il rispetto del parere altrui. Può piacere o non piacere. Questa si chiama democrazia.

E democrazia non vuol dire reclamarla solo dai banchi dell’opposizione, quando si sta, e quando si amministra il gioco delle parti va rispettato. Categorico questo. Ed eccoci oggi che registriamo la condanna per diffamazione con l’aggravante a mezzo stampa per la sorella del primo cittadino, Lucia Jessica IAIA. Avvocato 34enne che ha anche avuto, in passato, un ottimo rapporto con Viv@voce e con l’associazione ambientalista di Mimmo Carrieri.

Ma solo che, in questi ultimi 5 anni e con la carica a sindaco del fratello Dario, anche lei ci ha tolto il saluto e questo non ci cambia la vita. Fosse solo lei! E quando su qualche articolo pubblicato dal nostro giornale ha sollevato dubbi, ad onore di cronaca non solo nostri da più parti, sulla mancata firma dell’autore degli articoli che “Quotidiano di Puglia” pubblicava nella cronaca cittadina, apriti cielo. Eccoti le offese. Pesanti e denigratorie.

Nel gioco delle parti ognuno di noi fa la parte sua. Legittimo questo. Sacrosanto. Ma le offese non fanno parte più del dialogo, seppur serrato. Le offese entrano in un campo minato: il codice penale. Si è bersagliati per qualche virgola in più o per aver omesso un congiuntivo, tralasciando la sostanza e il contenuto di ciò che si scrive.

Ma non è stata solo Lucia Jessica IAIA su questo. La lista è lunga. Quando arriveranno davanti al giudice voglio vedere se avranno lo stesso coraggio che hanno nel diffamarmi e nell’offendermi.

La dialettica non passa dalle carte bollate. Le offese sì.

Giovanni Caforio

viv@voce

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