TARANTO. Rete sociale: “TUTELA DEI MINORI. ESIGENZE DI SPECIALIZZAZIONE E REGOLE DI TRASPARENZA”

TARANTO. Rete sociale: “TUTELA DEI MINORI. ESIGENZE DI SPECIALIZZAZIONE E REGOLE DI TRASPARENZA”

4 novembre. Ore 15,30 – 18,30. Aula Miro presso il Tribunale di Taranto Presentazione della Tavola Rotonda “Il bambino in quanto tale è il grande assente nella Storia dell’Umanità”

“Re Salomone, il saggio dei saggi, rappresentato in una famosa tela, nell’atto di esprimere un giudizio, regge con una mano il piedino di un neonato sospeso nell’aria a testa in giù e con l’altra brandisce una spada nell’atto di colpirlo; il viso dell’uomo non mostra alcun sentimento verso il bambino; i suoi occhi sono fissi su due donne dalle quali sembra attendere un cenno. Quel bambino è un oggetto in mano ad un uomo che decide del suo destino. Questa rappresentazione pittorica può rispecchiare il sentimento di indifferenza e di scarsa considerazione verso l’infanzia che ha caratterizzato il cammino dell’umanità fino agli inizi del XX° secolo e che ancora oggi non pare essere del tutto scomparso …”.

La Legge tutela il diritto di ogni bambino di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia. “Un diritto costituzionalmente garantito e previsto anche nella revisione del 2001 della legge sull’adozione. Stiamo parlando del diritto di ogni minore di essere amato”.

Lo dice Cesare Massimo Bianca, noto giurista e professore universitario, al convegno in Senato sui minori fuori famiglia.

Il professore cita le parole di un presidente del Tribunale dei minori: “Nella mia esperienza posso dire che un bambino che vive senza l’amore dei suoi genitori e’ come una pianta senza acqua”. Il diritto di crescere nell’ambito della famiglia e’ quindi tutelato? “Non sempre. È un’eccezione che venga dichiarato in stato di abbandono chi vive in una famiglia di buone condizioni economiche. Un dato che fa pensare”, afferma il professore. “Eppure la nostra legge non solo proclama il diritto del minore a crescere in famiglia, ma anche quali siano le misure per applicarlo e tutelarlo. L’articolo 1 della legge sull’adozione prevede che l’indigenza della famiglia non debba essere di impedimento”.

La Corte europea dei diritti dell’uomo “ha anche condannato l’Italia sul caso di una povera immigrata cinese che non aveva i mezzi economici per badare al figlio. I nostri giudici, pur riconoscendo il legame affettivo madre-figlio, hanno deciso di toglierle il bambino in ragione delle condizioni economiche. Dare attuazione all’articolo 1 e renderlo diritto non nominale ma effettivo”.

“Le condizioni d’indigenza non possono essere di ostacolo affinchè un minore cresca e sia educato nella sua famiglia”. Lo dice la legge e lo ripete l’avv Catia Pichierri, responsabile dell’ufficio legale dell’associazione Rete sociale (Aps).

“Nel nostro ordinamento giuridico ci sono delle discrasie-continua l’avvocato- ci sono diverse norme del Codice Civile (in particolare gli articoli 330, 333 e 403) che sono anteriori alla Carta Costituzionale. Oggi la maggior parte dei casi trattati nei Tribunali dei minori si decidono in Camera di consiglio senza aver prima ascoltato la difesa del genitore. Ancor più grave-denuncia l’avvocato- e’ che, seppur ascoltati, spesso il giudice minorile ritiene che la difesa del genitore non possa essere considerata di pari pregio rispetto alla relazione dei servizi sociali”.

È da sottolineare poi che “il provvedimento del giudice può essere impugnato in Corte d’appello solo entro 10 giorni dalla sua emanazione, perché sono considerati provvedimenti temporanei e modificabili dallo stesso giudice che li ha assunti. Questa, conclude Pichierri, è una situazione lesiva del diritto al contraddittorio previsto nella Costituzione Italiana. Dal punto di vista psicologico il problema vero è che non si contempla più il bene del bambino.

Strappare via un figlio dal genitore e dalla famiglia non è mai un buon modo di procedere, ci deve sempre essere una spiegazione molto forte alla base, e non può essere per motivi meramente economici. Soprattutto deve esserci un progetto di rientro. Invece di portare via il piccolo sarebbe meglio supportare le famiglie presso il loro ambiente familiare mediante un educativa domiciliare. Queste storie di allontanamento stanno producendo molta sfiducia delle famiglie nei servizi sociali per il timore di perdere i figli.

Inoltre le conseguenze psicologiche dei minori che ritornano in famiglia, anche dopo un solo anno -e raramente è così poco-, non rivelano miglioramenti sul piano del benessere psicofisico, perché spesso questi bambini ritornano nelle stesse condizioni che inizialmente hanno provocato l’allontanamento, senza risolvere nulla per incapacità e superficialità. Sono stati spesi soldi per l’allontanamento del minore e successivamente per gestire le sue sofferenze dovute al malessere di crescere fuori famiglia.

Manca però una valutazione clinica equilibrata su quali siano le migliori strade da percorrere e su cosa sia certamente da evitare. Il buon senso serve la mamma e il figlio, se possono, devono stare insieme. Ci vuole equilibrio per affrontare queste situazioni.

TUTELA DEI MINORI ED ESIGENZE DI SPECIALIZZAZIONE

La specializzazione è necessaria per l’avvocatura, anche in vista del recente regolamento emanato dal CNF del 24 settembre 2010, in vigore dal 30 giugno 2011 per il riconoscimento del titolo di avvocato specialista in 11 materie tra le quali il diritto di famiglia, dei minori e delle persone. Fino ad oggi la professionalità specializzata degli avvocati, oltre che nella pratica forense, emergeva soprattutto a livello associativo senza alcun riflesso sul piano ordinamentale.

Perciò il ricordato regolamento riconosce le associazioni costituite tra avvocati specialisti prevedendo come unica finalità del loro statuto la promozione del profilo professionale, la formazione e l’aggiornamento specialistico dei suoi iscritti. Il nuovo modello processuale ha rafforzato il ruolo di tutti i soggetti che a vario titolo agiscono nel processo compiendo in autonomia svariate scelte nell’ambito delle facoltà e dei poteri loro attribuiti dalla legge.

Fino ad ieri la posizione del consulente era quella di ausiliare del giudice, e tale è la definizione che si legge nel c.p.c., ma la nuova realtà è registrata dall’art 228 c.p.p., che, a differenza della corrispondente disposizione del codice abrogato , affida al perito la conduzione delle operazioni peritali per rispondere ai quesiti, e dunque fa ricadere su di lui la responsabilità della scelta dei metodi adeguati al contesto giudiziario.

E’ perciò auspicabile che l’esperto chiamato ad operare nell’ambito giudiziario sia specializzato con riguardo all’attività forense da lui svolta come perito-consulente, e sia perciò tenuto a conoscere le regole ed i principi fondamentali per adeguare il suo intervento alle finalità del processo. In conclusione , l’integrazione tra saperi e professioni diverse , l’utilizzazione da parte del giudice di nozioni e conoscenze extragiuridiche aumenta il rischio di confusione e deforma il processo e la sua funzione di tutela giurisdizionale.

L’aumento della complessità richiede dunque che la formazione specializzata del giudice, del pubblico ministero, dell’avvocato, e del consulente acquisti un respiro nuovo che arricchisca a tutto campo la professionalità dei soggetti del processo per consentire loro di affrontare problemi che non possono più essere risolti attraverso la collaborazione settoriale di esperti cooptati nel collegio giudicante. L’esigenza di specializzazione vale dunque per tutte le professioni presenti nel processo con ruoli giudiziari o tecnici, ed è , ed è riconosciuta dalla legge (art 5 e 15 d.lvo 272/89) ed auspicata anche da settori dell’avvocatura e delle professioni.

Con la ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione di N.Y del 6 settembre del 2000, concernente la vendita la prostituzione e la pornografia rappresentante bambini, ha vigore anche nel nostro ordinamento la previsione dell’art 8 che stabilisce il dovere degli Stati di impartire una formazione appropriata , in particolare in ambito giuridico e psicologico, alle persone che si occupano delle vittime dei reati predetti.

La formazione, soprattutto se arricchita di momenti di confronto interdisciplinare, favorirà l’elaborazione di linee guida deontologiche comuni a tutte le professioni anche non legali che s’incontrano sulla scena processuale. I codici deontologici, concorrendo insieme alle disposizioni di legge a definire i contenuti ed i confini dei ruoli svolti assicureranno infine il cittadino dal rischio di ulteriori forme di vittimizzazione, di malpratice processuale.

Da chi è promossa Rete Sociale è un’organizzazione di promozione sociale, senza fini di lucro, che si propone di offrire un modello nuovo di tutela e consulenza in contesti familiari caratterizzati da situazioni di disagio. L’obiettivo generale dell’Associazione, è quello di rafforzare lo status del minore nell’ambito delle relazioni familiari attraverso il riconoscimento della sua centralità nella scelta delle politiche sociali.

La sfida che Rete Sociale intende lanciare è quella di diffondere la cultura dei diritti del minore quale soggetto da tutelare in funzione di una sua equilibrata crescita mediante la promozione di una forma nuova di assistenza sociale non più prettamente “tardo-riparativa”, bensì “preventiva” e “promozionale” mediante la condivisione di progetti finalizzati a favorire il sano sviluppo del minore in seno alla famiglia di origine.

L’intento dell’associazione è sviluppare una “rete” che sia operativa sull’intero territorio nazionale al fine di contribuire a rafforzare politiche di inclusione, di sostegno e di contrasto ai processi di precarizzazione, anche affettiva. Si vuole creare, in concreto, un microcosmo di buone prassi con il coinvolgimento di tutte le categorie professionali che si occupano delle problematiche familiari e disponibili a lavorare, insieme e coesi, in favore di una maggiore sensibilizzazione su questi temi.

La nostra attività Rete Sociale pone al centro della sua azione l’analisi e il monitoraggio della condizione dei minori e le metodiche operative riferite alle dinamiche processuali familiari e minorili. Le azioni del progetto associativo di Rete Sociale muovono dalla disamina di casi specifici con interventi multidisciplinari di assistenza e sostegno volti alla riparazione e/o alla riduzione del disagio per poi procedere alla elaborazione ed alla presentazione di proposte legislative e di iniziative di promozione sociale.

La nostra Associazione svolge la propria attività statutaria avvalendosi di esperti qualificati nei diversi settori legale, istituzionale, psicologico, psichiatrico, assistenziale in regime di gratuità dedicandosi alla tutela e alla salvaguardia dei nuclei familiari vulnerabili.

All’interno dell’Associazione vi è un Comitato Scientifico, quale organo tecnico- consultivo in supporto e in stretta sintonia con i componenti del Direttivo. La sua funzione è centrale e propositiva, anche e soprattutto nella gestione degli eventi e dei seminari di studio promossi dall’Associazione.

In esso prestano la propria professionalità esperti del sociale, professori universitari, neuropsichiatri infantili. Rete Sociale partecipa attivamente ai lavori e alle iniziative delle Istituzioni italiane e comunitarie. E’ stata audita in occasione dell’indagine conoscitiva sui “minori fuori famiglia” in Commissione parlamentare dell’ Infanzia e l’Adolescenza, il 2 febbraio del 2016. 

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