MARTINA FRANCA. Tante curiosità al MuBa, come quella dell’icona venduta dal padre del cantante Jovanotti

“Questi argenti sono stati tutti restaurati lo scorso anno, oltre 70 pezzi e tantissimi abiti liturgici” chi parla è don Franco Semeraro, direttore del MuBa, il museo della Basilica di San Martino, di cui è rettore, di Martina Franca (Taranto)

E cominciamo con le tante curiosità legate ai pezzi esposti, pregiatissimi e di inestimabile valore, di cui per brevità ne raccontiamo solo alcune. Per saperne di più non vi resta che andarlo a visitare telefonando allo 0804302664.

Tra le croci di altare, ve n’è una particolarmente preziosa perché ha la reliquia della Santa Croce, si chiama stauroteca e anche questa è frutto dell’argenteria napoletana, con testine di angeli intorno alla croce e la bellissima madonna addolorata in una miniatura straordinaria.

Da guardare lo splendore di tanti argenti che stavano già in basilica però erano negli armadi, messi così singolarmente sono di una luce particolarissima.

Poi vi sono altri due reliquiari, uno con al centro una reliquia di San Cataldo con nell’occhio del reliquiario una cosa d’eccezione in miniatura e con una lavorazione in avorio eccezionale che è la fuga in Egitto.

“Pensate quando l’abbiamo smontato  ho potuto fotografare i particolari, l’ombrello di quell’angelo ha tutte le nappe tutte le piegature e così via e poi il volto di Giuseppe, il volto di Maria che stringe il bambino”, ha riferito don Franco.

Abbiamo due miniature, l’altra nel gemello di questo reliquiario, che non è esposto ed è dedicata alla natività con una teca contenente un frammento della veste di Gesù.

C’è un reliquiario molto interessante per la storia, perché vi sono raccolte le reliquie dei santi 12 apostoli. Da tener conto che nel ‘700 non tutte le reliquie erano autentiche, c’era un po’ il mercato delle reliquie e molte volte diventavano tali per contatto con un’altra reliquia.

Un altro reliquiario presente, insieme ad uno simile, fu donato dall’arcivescovo di Taranto mons. Capecelatro, mettendoci il suo stemma, al capitolo di Martina Franca, perché in questo, come succede in ogni famiglia, c’erano dei litigi enormi per interessi, riuscendo così a metter pace.

È presente anche una cosa vista sempre ma mai notata bene che è una delle più inestimabili. Si tratta della collana e della croce pettorale della statua di San Martino. Nel 1700 la statua arriva a Martina Franca  e ci fu una grande festa. La tradizione dice che due monache del Convento di Sant’Agostino regalarono alla statua questa bellissima collana, composta da sessantotto rosette  tutte in oro traforato con alla punta una croce pettorale incastonata in maniera straordinaria.

Le pietre sono paste di vetro del ‘700 e poi c’è il cordone finale in oro con una canutiglia in fili d’oro e d’argento. C’è anche la chiave della città sempre prelevata della statua di San Martino. “Quando abbiamo restaurato la statua – ha precisato don Franco –  la Sovrintendenza ci consigliò di toglierla perché la chiave in bronzo pesa, quindi tende ad oscillare infatti il dito l’abbiamo trovato frantumato, per cui l’abbiamo messa qui in esposizione, ed è di un pregio enorme”.

C’è anche il reliquiario di Santa Martina che nel 1700 fu dichiarata  patrona minore di Martina Franca che ha due patroni San Martino e Santa Comasia. Sembra che Santa Martina fosse invocata contro i fulmini, contro i terremoti. Si ricorda  un grande terremoto che distrusse mezza Massafra e allora i martinesi si rivolsero a Santa Martina e Martina Franca non fu quasi toccata.  E allora Innico Caracciolo di cui si vede lo stemma, donò alla collegiata questo spettacolare reliquiario.

Vi è anche una pisside enorme in cui ci vanno almeno duemila particole di ostie. Pensate che quando facevano il precetto pasquale, l’unica parrocchia era quella di San Martino.

Poi il capolavoro dei capolavori è certamente il reliquiario di San Martino. Un frate martinese nel 1700 vivendo a Roma riuscì ad ottenere  una reliquia del santo. Ci troviamo di fronte ad uno dei capolavori assoluto dell’argenteria napoletana. Pensate inoltre che questo era il palladio della città, nei momenti difficili della città, gli arcipreti prendevano il reliquiario benedicendola  e chiedendo a San Martino di salvarla.

“Poi c’è una delle cose più belle di questo museo, lo trovai per caso, un po’ abbandonato  nello scatolino – è sempre don Franco che parla – vi è la più antica incisione di San Martino della città, probabilmente era il vasetto per l’olio degli infermi per i moribondi, ed è l’unico oggetto con la data sotto del 1586.

Una storia bellissima è legata ad un anello, a quello che Paolo VI  il 7 dicembre 1965 alla fine del concilio regalò a tutti i vescovi che vi parteciparono. Di Martina Franca c’erano 3 vescovi, Motolese,  Margiotta di cui è l’anello, e Semeraro.

Poi sono presenti delle icone, e quella di fine ‘700 su cui riportiamo un’ultima curiosità delle tante. “Questa è mia personale, l’ho comperata io – ha precisato don Franco – un signore che poi è il padre del cantante Jovanotti, mi vendette questa icona russa che è la Madonna di Kazan, con “riza” cesellata con perline, con un volto bellissimo, un’icona preziosissima” ha concluso don Franco.

I paramenti restaurati sono tantissimi  non tutti esposti, e ci viene riferito che si faranno esposizioni a  rotazione, mentre osserviamo una pianeta che sembra fatta apposta perché si richiama ad una porta dai ripristinati colori originali.

Per tutto questo lavoro c’è da ringraziare oltre che don Franco, anche l’architetto Gianfranco Aquaro, gli ingegneri Giovanni Nasti e Giuseppe Mandina, poi ancora l’architetto Augusto Ressa e la dottoressa Angela Convenuto.

Vito Piepoli

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