TARANTO. Domenica 3 aprile un Giardino del Bio contro le trivelle

TARANTO. Domenica 3 aprile un Giardino del Bio contro le trivelle

Appello di Legambiente: Votare Sì al referendum e Fermare il progetto Tempa Rossa

E’ all’insegna dell’impegno contro le trivelle l’appuntamento didomenica 3 aprile  con il Giardino del Bio, il mercatino di prodotti biologici e a denominazione d’origine “raccontata”,organizzato da Legambiente Taranto col patrocinio cel Centro Servizi Volontariato di Taranto e che si svolgerà, come sempre, in Piazza Immacolata a partire dalle ore 10 e fino alle 20.


L’appuntamento tarantino con il bio si svolge all’indomani degli arresti di Potenza che hanno riguardato attività inerenti lo smaltimento delle acque provenienti dalle lavorazioni petrolifere, delineando uno scenario particolarmente preoccupante per la salute dei cittadini e la salubrità dell’ambiente e gettando una grave ombra sulle attività dell’ENI in Val d’Agri. Quella del petrolio si conferma una filiera foriera di distorsioni che danneggiano pesantemente i territori.

Per Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto ” Bisogna cominciare a liberare i territori dalla schiavitù delle fonti fossili: vale per la Basilicata e vale anche per Taranto, in particolare per il progetto Tempa Rossa che con la costruzione dei due nuovi serbatoi aumenterebbe i rischi di incidente rilevante. Un fatto inaccettabile in una città già gravemente segnata da uno sviluppo industriale distorto”.

Domenica, per Legambiente, sarà una giornata dedicata al referendum del 17 aprile, a spiegare le ragioni del Sì per portare a votare la maggioranza dei cittadini. Sulla scheda ogni cittadino troverà la domanda: Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di Stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”?

“In sostanza” precisa Lunetta Franco  presidente di Legambiente Taranto “con il referendum del 17 aprile si chiede agli elettori di fermare le trivellazioni in mare entro le 12 miglia dalla costa cancellando la norma che consente alle società petrolifere di estrarre gas e petrolio senza limiti di tempo. Infatti, nonostante le società petrolifere non possano più richiedere per il futuro nuove concessioni per fare estrazioni in mare, le ricerche e le attività petrolifere già in corso non hanno nessuna scadenza. Se si vuole mettere definitivamente al riparo le nostre coste da possibili disastri ambientali occorre votare “sì” al referendum. Raggiungendo il quorum e votando Sì, le attività petrolifere andranno progressivamente a cessare, secondo la scadenza “naturale” fissata al momento del rilascio delle concessioni”.

In un sistema chiuso come il mar Mediterraneo un eventuale incidente sarebbe disastroso e l’intervento umano è pressoché inutile, come dimostra l’incidente avvenuto nel 2010 nel Golfo del Messico alla piattaforma Deepwater Horizon che ha provocato il più grave inquinamento da petrolio mai registrato nelle acque degli Stati Uniti. Trivellare il nostro mare è un affare per i soli petrolieri: le ricerche di petrolio e gas mettono a rischio i nostri mari senza dare alcun beneficio durevole al Paese. Tutto il petrolio presente nei fondali del mare italiano basterebbe a coprire solo 7 settimane di fabbisogno energetico, e quelle di gas appena 6 mesi.

Il “petrolio” degli italiani è ben altro: innovazione industriale ed energie alternative, insieme a turismo, pesca, produzioni alimentari di qualità, biodiversitàPer questo abbiamo scelto il Giardino del Bio per lanciare a tutti i cittadini un appello ad andare a votare e votare Sì” continua la presidente di Legambiente Taranto ” Alcuni anni fa nessuno avrebbe scommesso sul successo delle produzioni biologiche, oggi non è più così. Nello stesso modo oggi possiamo affermare che un futuro basato sulle fonti rinnovabili è possibile. L’Italia produce più del 40% della sua energia elettrica da fonti rinnovabili, con 60mila addetti tra diretti e indiretti, e una ricaduta economica di 6 miliardi di euro Già oggi gli occupati nel settore delle fonti rinnovabili sono maggiori di quelli del mondo Fiat. Se si decidesse di puntare sullo sviluppo di queste tecnologie i posti di lavoro potrebbero arrivare a 800mila, 200 nel mondo delle fonti rinnovabili e 400mila in quello dell’efficienza energetica.”

Insomma: per Legambiente raggiungere il quorum e vincere il referendum è un’occasione straordinaria per il nostro Paese e per lo sviluppo, anche a Taranto, di un sistema energetico sostenibile e democratico basato sulle fonti rinnovabili e sull’efficienza energetica. Il progetto Tempa Rossa è il passato che non vuole morire ma che bisogna fermare.

Domenica in piazza con Legambiente ci saranno alcuni  produttori del Gruppo d’Acquisto Solidale di prodotti biologici attivo presso l’associazione: saranno loro a raccontare e a “far toccare con mano” le ragioni di una scelta non solo di consumo, ma di vita. E a raccomandare di andare a votare il 17 aprile e votare Sì.

Il 3 aprile con Legambiente saranno in piazza:

Antonio Bernardi, dell’azienda agricola Clarabella, di Castellaneta Marina
Pasquale Germano, dell’omonima azienda agricola di Rotondella
Maria Stellato, titolare di azienda agro-zootecnica casearia di Chiaromonte
Vito Castoro, dell’associazione CLOE di Miglionico
Giuseppe Bonora, dell’omonima azienda agricola di Castellaneta
Angelo Paolo Casulli, dell’azienda biologica Nuovo Muretto di Putignano

Dopo il 3 aprile Il Giardino del Bio tornerà ogni mese, ogni prima domenica del mese, sempre in piazza Immacolata per tutta la giornata: queste le altre date: 1 maggio, 5 giugno, 3 luglio

Ecco qualche informazione sui produttori:

Azienda agricola Uva Clarabella di Antonio Bernardi
Localizzata nell’agro di Castellaneta Marina, in provincia di Taranto, persegue già da molti anni una via del tutto naturale alla produzione di uve in coltura protetta.
“Da quasi 20 anni – spiega il titolare Antonio Bernardi – grazie ad una continua ed estenuante ricerca, ho gradualmente ridotto l’impiego di sostanze chimiche nella lotta contro i parassiti e nella fertilizzazione. La mia convinzione, infatti, è che non ci sia miglior protezione per le piante se non quella di riportarle a nutrirsi al meglio, con sostanza organica pura e non inquinata. Ormai perfino lo stallatico rischia di essere compromesso dalla natura dei mangimi somministrati agli animali”.
Forte di questa convinzione, Antonio ha creato una specie di “oasi naturale”, una piantagione in armonia con la natura, nella quale le sue viti crescono e prosperano. “L’aiuto che fornisco alle mie piante è del tutto naturale e mirato a rafforzare la capacità autonoma della pianta di difendersi dagli attacchi esterni. Mi sono trovato, nel corso del tempo, a ridurre le dosi di pesticidi chimici, utilizzando metodi alternativi, come ad esempio aglio in soluzione alcoolica, che si è dimostrato un valido insetticida. La riprova che la strada che ho scelto di percorrere è quella giusta mi viene dalla Natura stessa: due volte l’anno, ad esempio, nel loro sciamare, le api sostano presso la mia azienda, per poi riprendere il loro viaggio, segno che qui trovano un ambiente incontaminato”.
Pur potendo vantare, fin dal 1998, certificati che attestano la totale assenza di residui chimici sulle proprie uve, solo dal 2011 l’azienda Clarabella ha richiesto ufficialmente di aderire al protocollo del Biologico, iter per il quale, a norma di legge, occorrono almeno tre anni, cosiddetti di “conversione delle colture”.
“La mia uva sarà accompagnata dallo slogan ‘Quando mangi un frutto pensa a chi ha piantato l’albero’, frase di un anonimo vietnamita che lessi per caso qualche anno fa e che decisi subito di fare mia.”
Gli obiettivi futuri fissati dall’Azienda Clarabella, sono: classificazione di gusto e grado Brix garantito. “Si tratta – spiega Antonio – di due elementi fondamentali nella scelta del prodotto da parte del consumatore. Quando si mangia la frutta, non è solo il suo sapore zuccherino a risultare gradevole, ma anche quel più complesso “bouquet” di aromi, che conquista il palato e diventa un marchio distintivo di un determinato prodotto. Oggi capita di mangiare acini d’uva insipidi quanto palline da golf, appiattiti da un anonimo gusto erbaceo. Io sono invece convinto che la ‘selezione naturale’ che il consumatore sovrano imporrà al mercato ha già cominciato il suo processo inesorabile. Solo i prodotti che eccelleranno per aspetto, gusto e profumo, oltre che per salubrità, saranno premiati!”.

Azienda agricola Pasquale Germano
L’azienda agricola, sita in agro di Rotondella (Mt), viene condotta da generazioni dalla famiglia Germano, oggi gestita dal figlio Pasquale, il quale, negli ultimi anni ha provveduto ad incrementare la superficie totale, grazie all’acquisizione di fondi rustici limitrofi. La sede aziendale è situata tra il letto del fiume Sinni e il centro storico collinare di Rotondella in contrada Sant’Andrea.
Il paesaggio rurale è tipico mediterraneo, ovvero caratterizzato da aree adibite a pascolo, intervallate con porzioni di terra destinate alla coltivazione di frutta. L’azienda, di circa 17 Ha, è interessata da pascoli e seminativi, nonché daagrumi, uva da vino, mandorli (cv. “tuono”) ed alcune drupacee, tra cui l’albicocco.
Oltre alle produzioni vegetali, certificate BIO (cert. ICEA), è presente anche un allevamento di circa nr. 12 fattrici di razza “marchigiana”, iscritte al libro genealogico, allevate esclusivamente con alimenti di derivazione aziendale (foraggi, cereali, etc). Sono presenti anche animali di bassa corte: galline ovaiole, faraone e tacchini.
Negli ultimi anni, il titolare, spinto da un forte attaccamento al territorio ed alle tradizioni familiari si è cimentato con piccole trasformazioni sperimentali, atte a favorire la salvaguardia della biodiversità agricola e la valorizzazione dei prodotti locali tradizionali. Per il settore cerealicolo, su incarico in conto lavorazione, ha commissionato ad un mulino della zona, la trasformazione del proprio grano “Senatore Cappelli” (antica varietà di Grano Duro), avviando il confezionamento e lo stoccaggio della farina biologica. La trasformazione, con produzione di semola, avviene tramite l’utilizzo di una macina a cilindri tradizionale, mentre la macina a pietra consente la produzione di farina integrale di elevata qualità. Da alcuni anni l’azienda, nell’ottica della filiera completa, ha avviato la produzione di prodotti da forno tradizionali tra cui il pane contadino, i biscotti con le mandorle ed il tipico Pastizz rotondellese (iscritto nell’elenco ministeriale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali), il tutto rigorosamente ottenuto con materie prime aziendali

Azienda agrozootecnica casearia Maria Stellato
È formaggio artigianale da golosi e intenditori quello dell’azienda zootecnica a conduzione familiare Stellato, orgoglio della signora Maria, produttrice a Chiaromonte, in provincia di Potenza. Siamo a 750 metri sul livello del mare nel Parco Nazionale del Pollino. Maria Stellato, insieme al marito Nicola e con l’aiuto di un operaio fisso più gli stagionali, gestisce con passione un allevamento di pecore e capre con annesso laboratorio caseario e grotte per l’affinamento dei formaggi. Gli animali sono ovini di razza Sarda, 270 capi, e 260 capre di razza francese Saanen, selezionate da latte. Una piccola quota di agnelli e capretti è destinata a rifornire le macellerie locali, in particolare durante le festività natalizie e pasquali.
L’allevamento Stellato nacque negli anni ’40 e oggi conta 100 ettari tra bosco di querce, seminativi e pascolo, terre concimate con il letame autoprodotto. Gli animali sono allevati allo stato brado, nutriti di erbe locali spontanee, molto timo, finocchietto selvatico, mentuccia, aromi predominanti che poi ritroviamo nei formaggi della signora Maria. A fine serata sono riportati nei capannoni. La produzione di formaggio è assicurata tutto l’anno, esclusi novembre e dicembre quando gli animali sono sottoposti a parti programmati. I piccoli sono alimentati solo con latte materno (senza farine lattee), che viene quindi sottratto alla produzione casearia.
Con 10 litri di latte di capra, più povero di caseina, si ottiene 1 kg di formaggio. Con 10 litri di latte di pecora circa 1,5 kg di pecorino. «La nostra idea è di non spingere la produzione di latte, di curare il benessere degli animali, di fare un prodotto naturale, artigianale, buono, di territorio», puntualizza la Stellato. La lavorazione comincia la mattina con il latte della sera prima e del mattino stesso, latte crudo a una temperatura sotto i 36°C, con aggiunta di caglio in pasta di agnello. Dopo 35 minuti c’è la rottura della cagliata, si raccoglie la pasta e si mette nelle fuscelle che danno la forma al formaggio.
Il siero rimanente viene portato a 82°C per fare la ricotta, che viene venduta fresca. La sera stessa viene eseguita la salatura a secco delle forme, che dopo due giorni pas­sano in grotta per la fase di stagionatura.
Il caseificio produce tre tipi di formaggio, a seconda del tipo di latte. Sono il pecorino, prodotto tra gennaio e marzo, stagionato in grotta per minimo 60 giorni; l’ovicaprino (50 e 50), fatto tra marzo e giugno, stagionato in grotta fino a 12 mesi; e, infine, la caciotta di capra, tra giugno e novembre, con minimo 60 giorni di affinamento in grotta fino a 12 mesi, a seconda del tipo di prodotto che si vuole ottenere. Poi seguono due mesi di sospensione — il “periodo di asciutta” — per la preparazione al parto.
La stagionatura avviene su tavole di legno ad una temperatura naturale che non scende mai sotto i 12°C e un’umidità, anche in inverno, dell’80%, che viene mantenuta gettando acqua in terra nei periodi meno umidi. L’umidità è importante per evitare l’indurimento della crosta e la formazione di lesioni sullo scalzo, che aprirebbero la strada a fermentazioni non desiderate. Le forme sono controllate tutti i giorni per evitare la formazione di muffe non nobili. Lentamente si formano invece le muffe nobili attorno alla crosta, che viene costantemente unta con olio extra vergine (di produzione propria) per ammorbidirla e favorire una buona maturazione.
Il risultato sono formaggi che emanano profumi intensi di erbe selvatiche, di bosco e sottobosco.

Azienda agricola biologica Nuovo Muretto
L’azienda agricola biologica “Nuovo Muretto” nasce nel 1970, da una precisa scelta di vita dei proprietari: Vivere a contatto con la natura. Infatti l’azienda è a conduzione famigliare, situata sud della murgia barese, in agro di Putignano, ai confini con i monti di Gioia del Colle, e si estende per una superficie di circa 80 ettari. La terra, è destinata alla rotazione annuale di foraggi e cereali. Inizialmente condotta con i metodi e le tecniche più consuete, ha subito una conversione produttiva in senso biologico non solo nelle coltivazioni, ma anche nell’allevamento. L’azienda oltre alla coltivazione di cereali destina parte dei sui ettari a ciliegeti,mandorleti, uliveti e ortaggi. Da anni opera nel pieno rispetto dell’agricoltura biologica, cioè un metodo di coltivazione e allevamento che non fa uso di concimi, diserbanti, insetticidi, né altre sostanze di sintesi. Per salvaguardare la fertilità naturale dei propri terreni, viene utilizzato materiale organico, cioè riciclaggio del letame in concime, ricorrendo sempre ad appropriate tecniche agricole. L’azienda con la formula del ciclo chiuso dell’allevamento e con il metodo biologico sull’intera filiera,segue l’intero percorso dall’alimentazione al pascolo delle proprie mucche (di razza brune-alpine, olandesi, pezzate rosse) circa 30 capi tra piccoli e grandi, nati tutti in azienda, fino alla trasformazione del latte che quotidianamente viene trasformato nell’adiacente caseificio aziendale(certificato e garantito dalla Biogricert). L’azienda inoltre offre la possibilità di acquistare tutti i suoi prodotti, prevalentemente lattiero-caseari quali, formaggio, scamorze fresche e stagionate, ricotta,mozzarelle ed altro ancora, presso il proprio spaccio aziendale aperto tutti i giorni e disponibile anche all’eventuale visita dell’intera azienda sia dei privati, e sia delle scolaresche. L’azienda agricola biologica “Nuovo muretto”, nei sui principi mira ad un benessere completo degli animali, oltre che a produrre un prodotto di qualità e soprattutto sano, per questo i nostri animali seguono i cicli naturali delle stagioni senza forzatura e di conseguenza anche il prodotto cambia, diverso se fatto nel periodo di aprile(quando le mucche vanno al pascolo) o in autunno (quando le mucche sono in stabulazione libera). Anche le stesse quantità di latte variano da periodo a periodo, generalmente arriviamo ad una quantità di latte prodotta annualmente a circa 500 qt. Con la formula del ciclo chiuso dell’allevamento e con il metodo biologico sull’intera filiera, si segue l’intero percorso delle mucche dall’alimentazione ottenuta da foraggi secchi e cereali completamente aziendali (quali grano duro,farro,avena e orzo) fino alla trasformazione del latte che quotidianamente viene prodotto nell’ adiacente caseificio aziendale,ottenendo così prodotti dalle caratteristiche organolettiche particolari, biologici e sicuramente di qualità. L’azienda produce prevalentemente prodotti lattiero-caseari,(oltre che ortaggi di stagione, cereali, olio di oliva e frutta in particolare ciliegie) tra questi dobbiamo ricordare: Mozzarelle, Ricotta, Scamorze o Caciocavalli, Formaggi freschi o stagionati, Primo Sale e Ricotta. La lavorazione di questi viene effettuata sia mattina che sera, una lavorazione di latte crudo con siero innesto, giornalmente rinnovato, e viene utilizzato un caglio naturale (questo nel pieno rispetto dell’agricoltura biologica). Non viene utilizzato nessun prodotto chimico all’interno della lavorazione. I tempi di coagulazione del latte sono per tutti i prodotti di circa un’ora, successivamente a seconda del prodotto che si vuole ottenere si procede attraverso un riscaldamento della cagliata che va dai 37° della scamorza fino ad arrivare ai 52° del formaggio, tipicità dell’azienda. I formaggi e le scamorze possono infine,essere stagionati, stagionatura che avviene in cantina secondo i metodi naturali L’azienda agricola biologica Nuovo Muretto è completamente a conduzione famigliare, ed è disponibile per chiunque volesse vistare la nostra realtà.

L’associazione CLOE di Miglionico
CLOE cura un progetto di produzione agricola per la comunità, una evoluzione del Gas “la pastinaca” di Matera ed è impegnata nella coltivazione di Cereali Antichi (Farro, Senatore Cappelli, Solina, Saragolla, Capeiti) con il metodo della Permacultura. I cereali vengono poi trasformati presso mulini convenzionati a Rionero in Vulture e ad Altamura in farine assolutamente non raffinate, e poi le farine in pasta e pane lievitato con lievito madre e cotto in forno a legna.
Settimanalmente sono presenti a Matera all’interno del Gaos (gruppo d’acquisto e d’offerta solidale) Campo Libero. Oltre a dimostrare come poter produrre buon cibo rispettando l’ambiente, l’associazione è impegnata nella proposizione di nuovi modelli di vita (ad esempio case di Paglia) e di corrette scelte alimentari.

Azienda agricola Giuseppe Bonora
“Provengo dall’allevamento zootecnico che ho praticato sino al 1982. Dopo, in modo sistematico, trasformai il mio terreno in vigneto per uva da tavola. Questa trasfromazione mi proiettò in una dimensione nuova per me: tanti dipendenti, tanta chimica, tanto materiale plastico e soprattutto niente letame da distribuire. Dal 2000 ho cominciato a eliminare i vigneti e a diversificare le colture” ci racconta Giuseppe che continua ” Oggi nella mia azienda sono presenti una quindicina di ortaggi diversi e anche frutta come pere, percoche, prugne, susine, albicocche, melagrane, mele cotogne, nespole invernali, mele, pesche, pesche noci, ciliege, nespole primaverili, cachi, fichi, limoni, arance, mandarini, oltre a uva italia e vittoria. Negli ultimi anni ho cominciato a cercare una alternativa al concime chimica e sono tornato al letame; per i parassiti delle piante è bastato trovare un deterrente per mandarli via. Ho cominciato a fare vendita diretta quando si è aperto il primo farmer market italiano, a Taranto in corso Umberto. Oggi le colture della mia azienda sono in conversione biologica e soono molto soddisfatto della scelta fatta poichè da tempo alternavo convenzionale con biodinamico. Adesso che ho fatto la mia scelta sono certo che è la strada giusta per dare una mano a madre natura a trovare i suoi equilibri.

viv@voce

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