Taranto. LEGAMBIENTE: “Ripulita la spiaggia di Lido Azzurro: tra i rifiuti abbandonati spiccano plastica e bottiglie di vetro”

Taranto. LEGAMBIENTE:  “Ripulita la spiaggia di Lido Azzurro: tra i rifiuti abbandonati spiccano plastica e bottiglie di vetro”

“Fondamentale dar avvio ad azioni concrete di salvaguardia e sviluppo dell’ambiente marino e delle coste coinvolgendo tutti i soggetti interessati”. Presentati i dati dell’indagine “Beach litter”

Ad accomunare molte delle spiagge italiane e del Mediterraneo monitorate da Legambiente non è solo il sole e il bel mare, ma soprattutto i rifiuti spiaggiati che si trovano sui litorali. Rifiuti di ogni genere, di tutte le forme e dimensioni: bottiglie e contenitori di plastica, tappi, polistirolo; e poi secchi, stoviglie usa e getta, oggetti derivanti dal comparto della pesca, mozziconi di sigaretta e rifiuti da mancata depurazione come cotton fioc e assorbenti.

Ma anche quest’anno la regina indiscussa dei rifiuti spiaggiati rimane la plastica: l’80% degli oggetti trovati sulle 29 spiagge italiane monitorate è di plastica (contro il 65% dello scorso anno), mentre sui litorali del Mediterraneo la percentuale scende al 52%. È quanto emerge dall’indagine “Beach litter” realizzata e curata da Legambiente, che ha monitorato 29 spiagge italiane e 25spiagge del Mediterraneo nell’ambito della campagna “Spiagge e Fondali puliti – Clean-up the Med 2015” e che ha visto questo week-end centinaia di volontari impegnati nel ripulire le spiagge dal nord al sud Italia.

A Taranto i volontari di Legambiente hanno dedicato la giornata di domenica  alla pulizia della spiaggia di Lido Azzurro dove, accanto alla plastica, spiccava la presenza di tantissime bottiglie di birra, abbandonate nei cespugli di ginepro e nella pineta.

 

Troviamo assurdo che ancora oggi la stragrande maggioranza dei rifiuti deriva da un abbandono consapevole in loco (cicche, bottiglie e tappi ad esempio), testimoniando la totale indifferenza verso i notevoli impatti che questo comportamento ha sull’ambiente costiero e marino

L’indagine “Beach litter” è stata eseguita dai volontari dell’associazione ambientalista da aprile a maggio 2015 su un’area di 136.330 mq, pari a quasi 20 campi da calcio, dove sono stati trovati 22.114 rifiuti spiaggiati. In particolare sono stati trovati 17 rifiuti ogni 100 mq, 5 rifiuti in più ogni 100 mq rispetto all’indagine dello scorso anno. Tra le spiagge monitorate anche marina di Ginosa.

Le 29 spiagge italiane monitorate sono situate nei comuni di Ortona, Pisticci (Mt), Policoro (Mt), Pozzuoli (Na), Pontecagnano (Sa), Eboli (Sa), Trieste, Anzio (Rm), Fiumicino (Rm), Genova, San Benedetto del Tronto (Ap), Fermo, Porto Sant’Elpidio (Ap), Ancona, Polignano a Mare (Ba), Brindisi, Ginosa (Ta), Trappeto (Pa), Pachino (Sr), Noto (Sr), Portopalo di Capopassero (Sr), Ragusa, Vittoria (Rg), Pisa, Orbetello (Gr), Eraclea (Ve).

A queste si aggiungono le 29 spiagge che si affacciano sul Mediterraneo, monitorate dalle associazioni che aderiscono a Clean-up the Med: l’Algeria, la Croazia, la Grecia, la Spagna, la Turchia, la Tunisia, per un’area di 87.200 mq dove sono stati trovati 8147 rifiuti spiaggiati, in particolare 14 rifiuti ogni 100 mq. L’indagine ha preso in considerazione anche il campionamento effettuato in Portogallo.

Risultati indagine spiagge italiane

Nell’indagine Beach litter i principali indicatori presi in considerazione sono: la composizione del rifiuto e la sua quantità e grandezza (maggiore o minore di 25 cm). Le aree di indagine sono state scelte in modo da effettuare il campionamento su transetti di 100 metri di lunghezza di spiagge libere e ogni singolo campionamento ha tenuto conto del protocollo di monitoraggio messo a punto dal ministero dell’Ambiente e dell’Ispra. Escludendo i frammenti e resti di plastica e di polistirolo dalle dimensioni minori di 50 cm che sono i rifiuti più trovati (23,5%), a guidare la top ten dei rifiuti integri rinvenuti da Legambiente sui 29 litorali italiani ci sono le bottiglie di plastica per bevande (10,3%), tappi e coperchi di plastica e metallo (6,9%), nasse, reti, strumenti da pesca e cassette per il pesce (6,5%).

I mozziconi di sigaretta conquistano, invece, il quarto posto con il 5,4%, il residuo di circa 60 pacchetti di sigarette. In quinta posizione troviamo i rifiuti da mancata depurazione (4,9%) come cotton fioc, assorbenti, preservativi, blister, deodoranti da wc.

Ci sono poi stoviglie usa e getta di plastica (4,8%), materiali da costruzione (4%), flaconi di detergenti (3,8%), bottiglie di vetro (3,3%) e sacchetti di patatine e stecchetti di leccalecca e gelati (1,9%) che chiudono la classifica.

Uno sguardo particolare lo merita la massiccia presenza rifiuti da mancata depurazione che se da un lato sono la diretta conseguenza della scorretta abitudine di “smaltire” questi rifiuti gettandoli nel wc; dall’altra parte sono anche un grave segnale dell’inefficienza dei sistemi depurativi che non riescono a filtrare neanche oggetti di una certa grandezza, oltre ai cotton fioc addirittura deodoranti da wc e blister.

Non è un caso, infatti, che l’83% di questi rifiuti sono stati trovati nelle spiagge che sono distanti meno di 1 km dalla foce di un corso d’acqua o molto prossime a scarichi o fossi. E il problema non stenta a diminuire: rispetto allo scorso anno la presenza di questi rifiuti è aumentata di 5 punti percentuale.

Danni provocati dai rifiuti spiaggiati

Infine Legambiente ricorda i danni provocati dai rifiuti spiaggiati che fanno male all’ambiente e alla fauna, all’economia e al turismo. Tartarughe marine, uccelli e mammiferi marini possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale oppure morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo.

Secondo diversi studi, nel Mediterraneo occidentale, l’ingestione di rifiuti causa la morte nel 79,6% delle tartarughe marine e dell’intero ecosistema marino. Inoltre, le microplastiche ingerite dagli organismi acquatici, sono la causa principale dell’introduzione di plastiche nel biota e, quindi, del disequilibrio della catena alimentare.

 

 

 

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