MANDURIA. “L’inferno con mio padre con la complicità di mamma”

MANDURIA. “L’inferno con mio padre con la complicità di mamma”

Violenza familiare …

“Sono una donna di Manduria, attualmente felice moglie e madre. Non posso dire la stessa cosa della mia adolescenza Non ho avuto un’infanzia facile né tantomeno bella. Fin dalla nascita ho vissuto con mia nonna che mi ha dato tanto affetto e amore.

Io ero l’unica dei nipoti a vivere con mia nonna  mentre i miei fratelli e le mie sorelle vivevano coi miei genitori e mi chiedevo perché io fossi stata esclusa da tutti loro. Perché non avevo l’affetto della mamma? Fino all’età di 15 anni, ogni notte ero solita bagnare il letto con le mie urine, essendo un atto che mi coglieva involontariamente nel sonno.

Tale problema fu illustrato al medico di famiglia, il quale lo definiva un trauma infantile da rabbia e dal sentirsi esclusa dal mondo, e che sarebbe svanito crescendo. Allora cominciai a formulare un sacco di domande alla mia adorabile nonna su di me, sui miei genitori ed ella volta per volta mi rispondeva. All’età di 11 anni chiesi a mia nonna di poter andare a vivere coi miei genitori, circostanza che tanto avevo sognato e lei non si oppose.

Ma il sogno della famiglia dolce e amorevole  si infranse nel giro di due anni  Mia madre, al contrario di mia nonna, non aveva parole dolci  per me, mi imponeva quello che c’era da fare in casa con colpi di bastone e pentole lanciate in testa. A volte mi prendeva per capelli e mi sbatteva contro le ante dell’armadio, ancora oggi in volto ho qualche cicatrice di tali scuotimenti.

Mio padre non era da meno. Aveva l’abitudine di  picchiarmi percuotendomi con una pinza, che una volta, tra l’altro, si infilzò in una gamba. Inoltre  se non imparavo le regole da lui imposte, mi legava allo squadro usato per tagliare i tufelli dal mattino fino a pranzo e mi frustava con la cinta dei pantaloni, lasciandomi sulla schiena segni e lividi.

Iniziai ad andare ad una scuola tipica per persone che avevano dei ritardi mentali, scelta dai miei genitori, perché mi consideravano tale. Grazie a Dio, i professori capirono la mia indole e la mia intelligenza Poi finalmente conobbi il ragazzo che sarebbe divenuto mio marito e ricordo che la prima volta che tentò di abbracciarmi, gli chiesi di non toccarmi perché avevo la schiena indolenzita.

Lo vidi sorpreso e dubbioso, allora gli mostrai la schiena segnata da frustate e completamente nera, ed egli, benchè sbalordito, decise di portarmi via da quell’inferno. Andai a vivere col mio uomo, col quale crebbi e mi confrontai col tempo, mi aiutò a comprendere i soldi, l’orologio, a migliorare il mio modo di parlare e ad essere educata con la gente.

Acquistai fiducia in lui, oltre al profondo affetto già nutrito, e costruimmo la famiglia che avevo sempre desiderato, con l’arrivo di tre figli. Non auguro mai a nessuno quello che ho subito perchè la violenza è brutta e traumatizza per tutta la vita Voglio dare un consiglio a tutte quelle donne  che come me hanno subito: prendete subito provvedimenti, non lasciate che sia troppo tardi”.

FONTE

lavocedimanduria.it


viv@voce

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