TARANTO. Al Comitato di quartiere “Città vecchia” Isabella Lorusso con “Donne contro”

TARANTO. Al Comitato di quartiere “Città vecchia” Isabella Lorusso con “Donne contro”

La scrittrice spagnola racconta mondi femminili che possono insegnarci cosa vuol dire il coraggio

Il Comitato di Quartiere Città Vecchia a Taranto, sere fa, ha ospitato la scrittrice Isabella Lorusso, donna intensamente appassionata nella ricerca storica e nella verità della condizione umana e sociale.

La scrittrice, nata ad Ostuni e laureata in Scienze Politiche, è vissuta tra la Spagna, l’America Latina e ovunque fosse il mondo.

Isabella Lorusso ci ha raccontato del suo libro “Donne contro”,  elaborato con una ricostruzione sofferta ed esaltante di tipo orale, raccolta in diciassette lunghi anni. Dal 1997 al 2013 , si parla della rivoluzione, delle speranze e delle lotte di chi avrebbe voluto salvare la Spagna dai falangisti, ma anche del sogno di un’esistenza scevra da ingiustizie, perchè esse stesse, insanguinano da sole, un paese anche senza la presenza di armi.

Nel libro vengono intervistate, alcune di quelle donne che avevano militato nel POUM, Partito Operaio Spagnolo, nato nel 1935, durante la guerra civile di Spagna. Insieme a loro, testimoniano anche molte delle anarchiche del gruppo femminista Mujeres Libres, costituito, sorprendentemente all’epoca, da ben 20.000 donne organizzate.

Isabella si è mossa tra Catalogna, Francia ed Italia nel modo più avventuroso ed imprevedibile, per poter rintracciare quelle personalità che, in quegli anni, hanno lacerato ed oltrepassato i ruoli imposti da una secolare cultura patriarcale.

Vi sono testimonianze di mondi femminili che possono insegnarci cosa vuol dire il coraggio e cosa vuol dire quel femminile ancestrale che ci rende consapevoli della nostra forza, capaci di affrontare un potere che soffia forte sulle ali delle farfalle, affinchè esse non possano più volare. 

La sezione femminile del POUM si costituì durante la  guerra civile e si occupò di alfabetizzazione, cercò di recuperare e professionalizzare le donne costrette alla prostituzione,  asili nido e mense popolari furono obbiettivi di sostegno alla gente. Teresa Rebull, nata nel 1919 a Barcellona, militante del POUM e cantante catalana famosissima, chiede ad  Isabella, durante l’intervista effettuata nel 2010,  che non scriva solo della sanguinosa persecuzione che ebbero dagli stalinisti, raccontata drammaticamente dalle intervistate, ma vuole che sia descritto, soprattutto, il mondo che avrebbero voluto, le chiede di raccontare la loro idea di rivoluzione. Le sue canzoni dopo il periodo rivoluzionario hanno cantato la cultura catalana, offesa e schiacciata da Franco e dal suo regime. 

Isabella Lorusso  parla con le anarchiche del gruppo Mujeres Libres, come Suceso Portales la fondatrice e Pepita Carpena, responsabile della propaganda del gruppo.

Pepita Carpena, nata nel 1919, intervistata a Marsiglia nel 1997, racconta il perfetto funzionamento di parte dell’economia durante la rivoluzione con la collettivizzazione e con le fabbriche in autogestione da parte di operai e cittadini. “La teoria è una cosa e la pratica è un’altra”- dice Pepita a proposito dei comportamenti dei compagni uomini. Creare un gruppo di sole donne, in piena rivoluzione sociale, diventa subito indispensabile e urgente. Ma anche lei, come le altre donne temerarie intervistate, racconta delle guerre interne ai gruppi marxisti ed anarchici“. Come potevano sopportare, i comunisti che gli anarchici gestissero le linee di comunicazione di tutta la Catalogna?” Furono gli stalinisti a provocare tanti morti e centinaia di feriti. “E’ una vergogna che durante una rivoluzione ci fosse una controrivoluzione. Più di 500 morti. Stalin fece di tutto per reprimere l’anarchia”.

Isabella intervista Suceso Portales fondatrice del gruppo femminista di Mujeres Libres. Dice Suceso che tra gli uomini vigeva una cultura patriarcale, ma esse non si definivano femministe. All’epoca le femministe erano le donne della classe media, perché lottavano per il suffragio, per il voto. “Noi lottavamo per le strade, nelle piazze e rifiutavamo i giochi di potere”. Dopo la guerra lasciò la Spagna: destinazione Parigi.

Il colloquio, nel 2010,  con Teresa Carbò in Francia e con i suoi 102 anni, descrive il suo incontro con il grande rivoluzionario Andreu Nin, politico ed antifascista, nelle carcere staliniane: Nin fu torturato ed ammazzato dai comunisti, “io lo incontrai in una ceca stalinista”; poi lei fu arrestata e torturata per aver parlato con lui.

Tra le interviste vi è anche la nipote di Andreu Nin, Cristina Simon Nin, il cui padre era figlio del grande combattente antifascista, ma morì quando lei era bambina e non riuscì a darle alcuna informazione di suo nonno. Sua nonna era una donna forte ed aveva sempre lottato. Però, più tardi, lui la lasciò per andare in Russia e lì ebbe un’altra famiglia. Cristina Simon Nin, dice ad Isabella, che riuscì a parlare con la sorellastra russa e poi con il resto dell’altra famiglia. Toccante il suo interesse non solo per l’eroe, ammirato da tutti, ma per l’uomo di cui avrebbe voluto sapere sugli affetti profondi, sull’amore verso i figli, nel quotidiano.

A Bologna, Isabella nel Giugno 2011,  incontra Alicia Ilda Maturel Castillo, classe 1927, rivoluzionaria cubana che le parla di Fidel, ma anche del periodo precedente a Fidel, quando la gente operaia e povera dormiva negli scantinati senza lenzuola, materassi e non vi erano cure negli ospedali. Parla di Batista e della ferocia della repressione contro quelli che partecipavano alla rivoluzione. Ama sempre Cuba e dice che i suoi figli sono laureati e che lo Stato ti segue totalmente negli studi e nella sanità. Ad Alicia non importa del consumismo, ma rivendica il suo essere, ancora, una rivoluzionaria appassionata.

Queste storie, ci dice Isabella, sono tratte dal racconto; è la storia orale e richiede, nel raccoglierla, un sentimento d’amore che deve trasparire anche dall’interazione che avviene tra le due personalità che s’incontrano.  Le  persone intervistate sono sovrane delle loro vite. Hanno attraversato la storia, arginando il fiume più torbido, perché pieno di miseria, di guerra e di delitti. La vita e la morte l’hanno vista davvero. Questa è gente che  ha voluto cambiare il mondo. Emozioni, memoria storica, empatia, avvicinamento, anzi voglia di mettersi al posto dell’altro, essere accolti: queste le esigenze della ricerca. Queste anche le esigenze di Isabella Lorusso.

La scrittrice, nel 2002, si trasferisce ed insegna lingua italiana in Perù, negli Istituti di Cultura e nelle Università peruviane, ma anche e soprattutto, nelle carceri di massima sicurezza, in cui vi sono i guerriglieri dei maggiori gruppi politici appartenenti a Sentiero Luminoso e all’MRTA.

Durante l’incontro, al nostro Comitato di Quartiere Città Vecchia, Isabella ci parla di una sua missione affidatagli per gestire casi di violazione di diritti umani nelle carceri di Tumbes e Lima. Venne infatti costituita in Perù, appunto, una Commissione della verità e della riconciliazione post guerriglia, un organismo indipendente; dopo l’indagine, furono denunciati gruppi di paramilitari che operavano, in nome dello stato, contro sindacalisti  e guerriglieri, durante i vent’anni di guerra civile e sotto la dittatura di Alberto Fujimori. L’analisi della violenza, nel paese andino, ha portato alla luce più di 69.000 vittime, tra morti e desaparecidos, frutto della violenza politica e della repressione statale; tre quarti di queste persone erano contadini e indios.

 Isabella ci racconta dei suoi viaggi, ma anche della sua percezione e testimonianza della vita difficile e drammatica delle popolazioni dell’America Latina. Le disuguaglianze sociali sono talmente elevate che un’analisi sociologica di un gruppo politico diventa impossibile. Negli Stati Andini non vi è assistenza negli ospedali. La gente senza assicurazione muore sul serio; viene abbandonata anche di fronte al sangue che fluttua sotto gli occhi di tutti, senza che nessuno muova un dito, perché se sei povero o non sei ricco abbastanza, non hai il diritto di salvarti. Le scuole pubbliche sono prive dei minimi materiali, ma anche di acqua, mentre le scuole private hanno i campi di golf e le piscine. In questi paesi esiste l’inferno che non è paragonabile alla nostra situazione. L’esperienza del Venezuela è stata importante, perché ha dato una speranza anche ai diritti che riguardano lo studio, comprese le borse di studio concesse anche ai ragazzi boliviani.  Ci viene naturale parlare anche della crisi italiana, ma Isabella vuole che si lotti sempre, non dimenticando mai, però, che altrove ha visto la morte per trenta denari.

MARIA LASAPONARA

 

viv@voce

Lascia un commento