BUCCOLIERO: “A me piace cogliere tutte le sfide della vita”

BUCCOLIERO: “A me piace cogliere tutte le sfide della vita”

Incontro con Pier Alberto Buccoliero, un savese alla ribalta sportiva internazionale

Che effetto ti fanno i riconoscimenti Pier Alberto?

Sicuramente mi fanno tantissimo piacere e sono contentissimo di portare il nome di questa terra in giro per l’Italia, cercare di far capire che le nostre origini sono anche abbastanza nobili.

Aldilà dei vari riconoscimenti internazionali e non , se volessi dire ai nostri lettori chi è Pier Alberto Buccoliero, che definizione ti daresti?

Lo definirei come una persona a cui piace cogliere tutte le sfide della vita e portare avanti ad un livello abbastanza estremo.

Parlando di sfide, la vita qualche hanno fa, ti ha posto dinanzi a una sfida grandissima. Ti eri arruolato nell’Accademia Navale di Livorno ma tutto ad un colpo la tua vita è cambiata. Che cosa è successo?

Ho avuto un incidente, sono caduto da un lucernario e sono diventato paraplegico. Dopo questo incidente mi sono ritrovato a riassettare tutto quello che c’era nella mia vita e ho cercato di capire cosa mi avrebbe fatto più piacere fare. Ho scoperto lo sport, grazie all’unità spinale di  “Careggi” a Firenze, dove sono ricoverato. Ho scoperto che lo sport mi dava delle soddisfazioni che prima dell’incidente non avevo mai provato. Non avendo mai praticato sport a livello agonistico, non avrei mai creduto di togliermi certe soddisfazioni sportive.

La vita, si sa, pur con mille difficoltà riprende sempre , in qualunque modo. Certo, vivendo esternamente le vicende, a volte è molto facile dare dei consigli e delle indicazioni a chi vive un certo tipo di disabilità. La tua come la vivi?

Io cerco di viverla nel modo più naturale possibile. E fin troppo evidente che ci sono tantissime difficoltà, durante tutti i giorni.  Però ognuno affronta le proprie difficoltà nel modo migliore possibile.  Quindi affronto tutto nel modo più naturale possibile perché non c’è nulla di cui vergognarsi o di cui frenarsi.

Che effetto ti ha fatto, arrivare qui a Sava e trovare uno striscione fuori casa con su scritto “grande Piero”?

Sicuramente mi ha fatto grande piacere ma quello più grande lo avuto nel rincontrare tutta la mia famiglia che nell’ultimo anno ho visto pochissimo.  Loro mi hanno supportato tanto in questi anni e ho dovuto fare tantissimi sacrifici per arrivare a questi livelli sportivi. Punto alle paraolimpiadi anche se ci sono tante cose da definire in ambito federazione internazionale paracanoa però per la prima volta la paracanoa parteciperà alle paraolimpiadi ed io cercherò, nel miglior modo possibile, di rappresentare l’Italia nel mondo. Avremo anche l’opportunità di avere i mondiali di qualificazione paraolimpica a Milano e quindi giocheremo in casa. Spero di portare a casa un buon risultato.

Speri più nei 200m, nei 500 metri o nei 1000 metri?

Spero di più nei 200 metri perché, purtroppo, sarà l’unica distanza paraolimpica però anche cimentarmi nelle altre distanze mi fa abbastanza piacere. 

Hai dichiarato, recentemente, che i 200 metri sono la sfida più difficile perché in 50 secondi puoi sbagliare pochissimo. Confermi questa cosa?

Sì confermo questa cosa. Infatti, l’esperienza degli Europei, quest’anno in Portogallo, è stata un’esperienza molto bruciante perché ho impostato la gara in modo sbagliato e purtroppo sono arrivato quarto quando avevo la possibilità di fare risultato. Però ai mondiali mi sono rifatto ed ho cercato di andare più forte possibile, mi sono presentato molto bene in partenza e sono riuscito a staccare il quarto sul fotofinish.

Il secondo e primo posto erano alla tua portata?

Il primo posto no. Il secondo posto sarebbe stato alla portata se un mese prima dei mondiali non avessi avuto dei problemi durante la preparazione. Purtroppo un anno di preparazione così intensa ha portato il mio fisico ad essere molto stanco, quindi ho avuto degli abbassamenti delle difese immunitarie con qualche problema di salute. Spero di fare tesoro di questa esperienza e di arrivare preparato ai prossimi mondiali.

Quando sei giunto qui a Sava hai avuto riconoscimenti dalle cariche amministrative comunali? Qualcuno ti ha fatto visita?

(Sorride,ndr). No, non mi ha fatto visita nessuno. Penso si siano interessati poco a questi eventi. Non so dire se danno la giusta importanza agli atleti paraolimpionici rispetto agli atleti normodotati o se non danno abbastanza importanza allo sport in generale, però avere un compaesano che partecipa a manifestazioni così importanti dovrebbe essere motivo di vanto per la cittadina.

Hai indicato, recentemente, come atleta di riferimento Oscar Pistorius.  Al di là delle vicende di cronaca che lo hanno visto coinvolto, lo consideri ancora come idolo dal punto di vista sportivo?

Sì,dal punto di vista sportivo confermo. Purtroppo le vicende di vita che contornano persone così importanti sono sempre vicende che fanno discutere abbastanza. Però partecipare ad un Olimpiade tra i normodotati non è da tutti. Però i suoi risultati sportivi fanno di lui un grande atleta.

La canoa è uno sport che eguagli i normodotati con i diversamente abili. Pensi di poter competere con la prima categoria citata?

Attualmente no, però io spero almeno in Italia di riuscire a fare qualche gara, a  livello internazionale però è molto molto difficile. In Italia si può fare, non si può ambire magari a dei risultati eccellenti però già gareggiare con i normodotati sarebbe una grande soddisfazione.

Grazie alla tua caparbietà e al tuo impegno, stai riuscendo a scalare le classifiche. Ore che stai avendo successo, e che sicuramente avrai in futuro, ti dimenticherai di Sava?

No, non mi dimenticherò mai di Sava. Io non sono qui proprio perché il posto e tutto l’ambiente non offrono grandissime possibilità, sia per gli sportivi che per persone senza disabilità. A me questo paese piace, il mare e tutto quello che c’è molto spesso mi manca. Però capisco che impostare la vita, per come la voglio io, in questo paese non è possibile.  Ho nostalgia di casa quando sono lontano.

Se dovessi lanciare un messaggio a tutta le gente con disabilità che si impegna nello sport, cosa diresti?

Direi di impegnarsi sempre di più e di cercare di fare sempre il meglio per se stessi, perché questo ti migliora molto sia l’umore che la vita, quella di tutti i giorni. Penso che nello sport ci siano tantissimi valori che aiutano una persona disabile a sentirsi apposto con il proprio corpo e apposto con se stessi. Riscoprire una diversità nel proprio corpo e riuscire ad accettarla è una cosa molto difficile. Lo sport in questo aiuta davvero tanto a sentirsi “normali”

Pier Alberto, la tua famiglia ti ha sempre sostenuto. Quando vinci, e alzi le braccia al cielo, a chi dedichi la vittoria?

La dedico a tutti quelli che mi sono stati vicini, e sono state davvero tante persone. Questi risultati dipendo da una combinazione eccellente di supporto. Gli allenatori, l’unità spinale di “Careggi”, i Canottieri Comunali Firenze e tutta la mia famiglia mi hanno sempre sostenuto. Ringrazio tutti loro perché il sacrificio è davvero enorme e avere il supporto psicologico, in questi casi, è davvero fondamentale.

Andrea Prudenzano

 

viv@voce

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