A TARANTO SI ATTENDONO LE DECISIONI DEGLI ALTRI SUL FUTURO DELL’AZIENDA ILVA …

A TARANTO SI ATTENDONO LE DECISIONI DEGLI ALTRI SUL FUTURO DELL’AZIENDA ILVA …

Altri che non vivono a Taranto, e che non lavorano in Ilva, che ci diranno che ne sarà di noi…

Intanto un popolo di guerrieri continua a lottare e a pensare a come uscirne … tra questi uomini e donne  oggi ho scelto Marco De Bartolomeo,  l’ideatore di Aut,  Artisti Uniti per Taranto, nonché l’autore e  compositore di Taranto Libera, inno di una città che canta la sua voglia di riscatto.  Arrangiatore/produttore e  ottico, abbandona gli studi universitari per la musica, passione che ha saputo trasformare in impegno sociale…

Insomma, qui a Taranto, Marco  è una voce che accompagna le nostre giornate…la voce di un semplice cittadino che s’alza ogni mattina pensando a come fare per uscire dal tunnel di questo acciaio che ci ha preso la vita…Queste le sue parole affidate a social network…

“CONSIGLI PER GLI ACQUISTI”

 ”Bene. A quanto pare siamo alla resa dei conti. Dopo l’attuazione del decreto (trasformato subito in legge) denominato “Salva-Ilva”, pareva che la stampa nazionale avesse cancellato Taranto dalle proprie mappe, sin dal giorno dopo. Adesso si riaffaccia, salvo rari casi, in modo clamoroso, invadente e partigiano, facendo dichiarazioni degne di querela e riconducibili al più basso e meschino terrorismo mediatico, senza che venga mai fatta menzione dei malati di tumore, dei picchi di SLA, delle altre malattie direttamente riconducibili all’inquinamento industriale, dei morti, delle morti bianche, del DNA geneticamente modificato, dello sporco ricatto, degli interessi bancari, delle lobbies laiche e clericali che si muovono all’ombra del ferro vecchio e di tutto il fecciume che dentro e attorno ad esso gravita.

Inoltre, i 12.000 lavoratori diretti dello stabilimento Ilva di Taranto, assieme ai circa 3.000 colleghi dell’indotto, sono diventati, all’improvviso, 20.000, 30.000, 40.000, assestandosi, almeno fino a ieri, sul piano dei 50.000!!! Peccato, però, che l’ammontare complessivo dei lavoratori dell’intero Gruppo Riva sparsi per il mondo superi di poco le 20.000 unità. Forse aveva ragione William Burroughs quando diceva: “Nulla è vero, tutto è permesso”. Ora, fermo restando che la VITA e la DIGNITA’ di ogni singolo lavoratore siano SACRE e vadano tutelate, a rischio di sembrare campanilista, non posso fare di un’erba un fascio.

Non posso considerare sullo stesso piano i lavoratori di Taranto, quelli di Genova e compagnia cantante, perché sono solo i LAVORATORI TARANTINI ad essere sottoposti a condizioni di lavoro da terzo mondo e costretti ad UCCIDERSI e ad UCCIDERE per un tozzo di pane avvelenato. E’ facile alzare la “bandiera comune del lavoratore” quando ci fa comodo, arte nella quale i sindacati sono maestri. Eh, no! Questa volta no! Il lavoratore resta sempre un lavoratore solo e fino a quando conserva pari dignità di UOMO LIBERO!!! A Taranto non esiste!!! Ecco perché i nostri lavoratori sono differenti! Ecco perché chiedo a tutti gli altri di avere la decenza di tacere!!!

Quando si paventava la chiusura di Taranto, a Genova scoppiava l’inferno. E’ forse scoppiato l’inferno quando morivano i tre lavoratori nostrani negli ultimi mesi? E’ forse scoppiato l’inferno allorquando veniva denunciato l’ennesimo caso di tumore e/o di malattia rara o si srotolava per la città l’ennesimo corteo funebre? E’ forse scoppiato l’inferno quando migliaia di lavoratori perdevano il lavoro a causa del ferro-vecchio? Direi proprio di no. La solidarietà, cari amici, è come un boomerang: se vuoi che torni, devi prima lanciarla. Per cui, senza offesa, limitiamoci a parlare di Taranto. In tutto questo, nel grande festival dell’ipocrisia e della pochezza d’animo, la grande guerra dei numeri non serve ad altro che a scatenare l’indignazione popolare, terreno fertile sul quale creare le basi per l’avallo alle soluzioni che il governo sta maturando. Immagino!!!… Qui a Taranto già si parla ironicamente dell’ennesima “supposta”. Ma ormai siamo in primavera e l’estate è ormai alle porte, motivo per il quale reputo che il consumo di paracetamolo possa ritenersi ormai esaurito, proprio come la nostra pazienza. Ringraziando dunque il governo per il siluro medicamentoso che si appresta a rifilare alla città dei due mari (mi si consenta la legittima diffidenza), preferisco restituire il gentil dono, avanzando proposte esplicite che, seppur a titolo personale, sono certo che interpretino gran parte della volontà popolare. 1) A fronte della gravissima situazione sanitaria e ambientale in cui versa la città di Taranto e la sua provincia, gli impianti inquinanti vanno immediatamente bloccati senza se e senza ma, in quanto causa di malattia e morte.

A tal riguardo ritengo direttamente responsabili delle emissioni inquinanti degli ultimi mesi tutti coloro che, con noncuranza o malafede, abbiano fatto in modo che si perpetrasse il reato, ministero dell’ambiente in primis. In più tutti coloro che, nel recente passato e in quello più remoto, avrebbero dovuto vigilare e non lo hanno fatto per colpa o per dolo. 2) Una volta bloccati gli impianti, si profilano due soluzioni: a) Abbattimento degli stessi, bonifica e riconversione dell’intera area, impiegando gli stessi lavoratori Ilva, più qualsiasi professionalità (tarantina) si ritenga necessaria al delicatissimo e durevole lavoro in oggetto. b) Se si ritiene che l’acciaio tarantino sia così indispensabile per l’economia del paese, si provveda dunque ad abbattere tutti gli impianti obsoleti, per costruirne altri ex novo (sempre con l’utilizzo di manodopera tarantina). Una volta superata questa fase, gli impianti verranno sottoposti a test specifici e potranno entrare a regime solo se assolutamente NON INQUINANTI, quindi esulando da qualsiasi norma scritta per l’occasione ad hoc.

A Taranto non sarà più tollerato nemmeno un nanogrammo di inquinante riconducibile alla grande industria, e che sia ben chiaro, a scanso di equivoci. Inoltre, qualora si dovesse procedere in questa direzione, dovrà essere corrisposta ANNUALMENTE alla città di Taranto, oltre alle tasse territoriali, una somma pari a 500 milioni di euro, rivalutata annualmente secondo l’aggiornamento ISTAT, a titolo di compensazione per lo sfruttamento territoriale corrente e di quello passato, e a titolo di risarcimento per il gravissimo danno subito in termini di malattie, morti e impoverimento indotto causati sia dalla gestione statale che da quella privata per più di 50 anni. In entrambi i casi (vedi punto 1 e punto 2), dovranno essere immediatamente avviati e completati i lavori per il porto turistico (per ospitare navi da crociera in Mar Grande) e attivato al traffico passeggeri l’aeroporto di Grottaglie (Ta), Arlotta.

Inoltre, Taranto dovrà essere proclamata NO TAX AREA per un periodo di almeno 15 anni, sempre a titolo di risarcimento e perché la grande industria, anche qualora non dovesse inquinare, resta comunque una presenza poco gradita a causa del suo pregresso storico e perché un’offesa al senso estetico di questa perla. Considerando le gravissime responsabilità in questione e a fronte degli sconfinati interessi che lo Stato Italiano cova su questo territorio, lo stesso trattamento vale per tutte le altre consorelle non gradite, attualmente presenti. L’ENI dovrà essere sottoposta a controlli accuratissimi. Anche per questa azienda ci sarà “tolleranza zero”. Se i controlli (inquinamento zero) non dovessero essere superati, gli impianti dovranno essere bloccati immediatamente e valutare come nel precedente punto 1, 2/a e/o 2b. In merito alla materia risarcitoria e compensativa, anche qualora i controlli fossero superati, se vorrà restare (sottolineo, sempre ammesso che non inquini), dovrà corrispondere, oltre a quanto già previsto, royalties territoriali consistenti in un abbassamento drastico e perpetuo del costo della benzina su tutto il territorio cittadino, con un valore di riferimento per la benzina verde di non oltre 1 euro a litro (con adeguamento annuale di non oltre il 5%). Oltre a beneficiarne direttamente i cittadini, si creerebbe un flusso non indifferente di avventori forestieri che, allettati dalla possibilità di fare un pieno a cifre ragionevoli, approfitterebbero per visitare la città, con tutte le conseguenze positive del caso. Si dia per scontato, a fronte di quanto testé detto, che non verrà concessa autorizzazione ad ampliamenti che possano ulteriormente sacrificare questo territorio (no a Tempa Rossa, no alle trivellazioni, no al parco eolico in Mar Grande.)

Parimenti per Cementir (alla quale va subito interdetta l’autorizzazione a smaltire rifiuti) e qualsiasi altra forma inquinante presente su territorio tarantino. Dovranno essere tutte sottoposte alle stesse considerazioni del punto 1 e del punto 2, corresponsione delle royalties compresa (in questo caso da stabilirle singolarmente). In merito all’Arsenale e alla Marina Militare, si provveda immediatamente alla corresponsione e alla restituzione alla città di aree di cui si è fatto uso oltremodo, oltre a quelle già previste dalle attuazioni in corso. L’Arsenale, a fronte del fortissimo ridimensionamento occupazionale patito negli anni, non ha più necessità di estendersi su un’aria sconfinata della città, per cui si provveda ad abbattere il muro denominato “muraglione”, restituendo uno degli affacci più belli del mondo. Si provveda anche alla “restituzione” delle isole Cheradi, assolutamente indispensabili per una città a vocazione turistica e, allo stato attuale, assolutamente in disuso.

Si provveda, altresì, allo sgombero immediato di qualsiasi postazione dal Mar Piccolo, del cui inquinamento è corresponsabile la stessa MM. Si provveda, altresì, alla bonifica della nave militare Vittorio Veneto, attualmente in Mar Piccolo, affinché diventi nave museo visitabile dai turisti (a Parigi ho pagato 10 euro per vedere un sommergibile in secca!!!). Inoltre, sulla scia dell’eccellente lavoro avviato e continuato dall’ammiraglio Ricci in merito alla ristrutturazione del Castello Aragonese, e auspicando una serena e corretta convivenza con la Marina, si invita la stessa ad aprire le porte della base navale un giorno alla settimana, per consentire ai turisti la visita di navi e quant’altro si ritenga lecito. Considerata le gravità in questione e l’enorme mole di interessi dello Stato Italiano su questo territorio già ampiamente sfruttato e martoriato da oltre un secolo di colonialismo scellerato e assassino, confido che i diretti responsabili della sua gestione attuale vogliano cogliere in Taranto una straordinaria opportunità, riconoscendole quanto dovutole. E sempre poco sarà!!! Credo di essere ragionevole.

O SI CAMBIA REGISTRO, O TARANTO SI SENTIRA’ AUTORIZZATA, ai fini della propria sopravvivenza (diritto sacrosanto), A VOLTARGLI LE SPALLE! Una minaccia? No, solo un pacato consiglio! TARANTO LIBERA!!!”

…Grazie Marco… da chi spera ancora… e per chi ancora fai sperare anche tu… con le tue parole che sembrano musica anche quando le note le ascolta solo il cuore….

M.S.

FONTE

unita.it

 

viv@voce

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