ILVA. AMBIENTE SVENDUTO: NEI GUAI FUNZIONARIO PROVINCIA DI TARANTO

E’ accusato di associazione a delinquere finalizzata alla concussione con l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva, l’imprenditore Carmelo Dellisanti e la sua assistente Stefania Santoro nell’ambito dell’inchiesta denominata «Ambiente svenduto»

Il giudice per le indagini preliminari Vilma Gilli ha accolto la richiesta del pubblico ministero Remo Epifani, emettendo un’ordinanza di interdizione per due mesi nei confronti di Giampiero Santoro, funzionario della Provincia di Taranto, fino a qualche mese fa componente del gruppo istruttore per il rilascio dell’Aia all’Ilva. E’ accusato di associazione a delinquere finalizzata alla concussione con l’ex assessore provinciale all’ambiente Michele Conserva, l’imprenditore Carmelo Dellisanti e la sua assistente Stefania Santoro nell’ambito dell’inchiesta denominata «Ambiente svenduto» che ha portato alla luce le relazioni tra la politica locale, i vertici dell’azienda Ilva e la gestione delle questioni ambientali durante l’assessorato di Conserva.

Due giorni fa, il tribunale del riesame di Taranto aveva respinto la richiesta di revoca dei domiciliari per l’ex esponente della giunta provinciale. Nelle 70 pagine di motivazioni, il tribunale ha spiegato che Conserva, definito il «regista delle azioni delittuose», potrebbe avvicinare imprenditori che potrebbero essere testimoni chiave in un eventuale processo e dunque c’è la necessità di tutelare le esigenze cautelari. Ma non solo. Le indagini non sono assolutamente concluse soprattutto in merito al «probabile coinvolgimento di altri dirigenti e rappresentanti di vertice della Provincia di Taranto che hanno consentito i fatti delittuosi in esame venissero portati a compimento» e quindi sugli aspetti da esaminare è fondamentale evitare «prevedibili condizionamenti ed alterazione delle prove ancora da acquisire». Ed è proprio su questo che gli uomini delle fiamme gialle, guidati dal capitano Giuseppe Dinoi, stanno lavorando ascoltando funzionari e dipendenti dell’ente di via Anfiteatro: comprendere chi, oltre Michele Conserva, ha permesso la realizzazione dei fatti finiti sotto i riflettori della magistratura.

Per i giudici, il ruolo di Conserva, difeso dall’avvocato Michele Rossetti, è «evidente ed allarmante» soprattutto per la sua capacità di ottenere informazioni su indagini ancora in corso e anche per una serie di altri aspetti come la vicenda dell’Ala Fantini di Montemesola. Conserva avrebbe infatti utilizzato i problemi occupazionali dei dipendenti dello stabilimento chiuso da qualche anno, per «distogliere i consensi elettorali dei lavoratori» e dirottarli sul candidato sindaco Lucia Valentini, da lui sostenuto. Ma al di là di quanto espresso ufficialmente a tutti i dipendenti, Conserva confessa la sua verità alla candidata durante un conversazione intercettata: «Per alcuni di loro risolveremo il problema. Ovviamente per quelli che ci danno una mano (…) per quelli che non ci danno una mano un cazzo di niente avranno».

Dalle carte spunta anche il nome di Damiano Calabrò, funzionario dell’Arpa che nell’informativa della Guardia di finanza viene definito come una figura che «emerge di rado», ma che il suo «intervento è strumentale per le finalità perseguite dal Conserva». Secondo i finanzieri, infatti, il funzionario dell’Arpa avrebbe un «debito di riconoscenza» verso Conserva perché questi avrebbe «fatto sì che la figlia (di Calabrò, ndr) venisse assunta nel suo assessorato. Proprio per tale ragione il Conserva asserisce anche che il Calabrò all’interno dell’Arpa gli risolve parecchie questioni». Dichiarazioni naturalmente ora al centro delle necessarie verifiche.

Francesco Casula

FONTE
gazzettadelmezzogiorno.it

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