IMPOSTA DI SOGGIORNO. GLI ALBERGHI NON RISPONDONO DEL MANCATO PAGAMENTO

Un orientamento giurisprudenziale che sta prendendo piede nella giurisprudenza amministrativa circa il fantomatico balzello denominato “imposta di soggiorno” farà piacere senz’alcun dubbio agli albergatori ma non alle amministrazioni comunali che non sanno più che pesci prendere per andare a rimpinguare le proprie casse. Giovanni D’Agata fondatore dello “Sportello dei Diritti”
A chiarire quelle che sono le decisioni dei TAR in merito è un interessante articolo del tributarista avv. Maurizio Villani (www.studiotributariovillani.it – e-mail avvocato@studiotributariovillani.it) che riportiamo integralmente e che chiarisce in maniera puntuale quali sono le conseguenze per gli albergatori, per gli ospiti che non pagano l’imposta in questione e per le amministrazioni comunali messe all’angolo dalle decisioni dei giudici amministrativi.
Giovanni D’AGATA

L’imposta di soggiorno è stata istituita dall’art. 4 del D.Lgs. n. 23 del 14 maggio 2011 (federalismo fiscale municipale) e prevede che i Comuni capoluoghi di Provincia possono istituire, con deliberazione del Consiglio Comunale, un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare, secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo, sino a 5 euro per notte di soggiorno.
Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo e, con regolamento comunale, è dettata la disciplina generale di attuazione dell’imposta di soggiorno.
Nella giurisprudenza amministrativa si sta profilando un orientamento tendente a ritenere legittima l’istituzione della suddetta imposta (TAR della Puglia – Sezione di Lecce – sentenza n. 748 del 2012 e TAR della Toscana – Sezione I – sentenza n. 1808 del 2011). Da ultimo, è stato deciso che la suddetta imposta non lede i principi costituzionali dell’imposizione fiscale.
Si presume che il cliente di una struttura ricettizia sia in grado di pagarla, poiché la suddetta imposta (di importo contenuto) non può considerarsi evento discorsivo della libera concorrenza.

A tal proposito, però, è da precisare che il gestore dell’albergo (o di altre strutture ricettizie) non è da considerare né sostituto di imposta né soggetto passivo; egli, infatti, riscuote il tributo non per un interesse proprio, connesso ad un possibile guadagno ricavabile dall’attività di riscossione, ma quale titolare della struttura senza poterne ricavare un beneficio economico.
Di conseguenza, per l’eventuale mancato pagamento dell’imposta dovrà essere sanzionato solo il cliente, cioè il vero soggetto passivo dell’imposta (in tal senso, si è correttamente pronunciato il TAR del Veneto – Sezione III – con la sentenza 653 del 10 maggio 2012 e con la sentenza n. 1165 del 21 agosto 2012).
Secondo i giudici amministrativi, correttamente il gestore delle strutture ricettizie non assume in proprio l’obbligazione tributaria, in quanto l’imposta di soggiorno deve essere versata al Comune nel solo caso in cui le somme gli siano effettivamente corrisposte da parte dell’ospite alloggiato.
Non gli può, invece, essere riconosciuto il ruolo di sostituto o responsabile di imposta, qualifica che l’art. 64 del D.P.R. n. 600/73 attribuisce a determinati soggetti per la riscossione dei tributi erariali (per esempio, i notai).

Per quanto riguarda gli importi non corrisposti dagli ospiti il Comune dovrà rivalersi esclusivamente nei loro confronti, sulla base delle dichiarazioni delle strutture ricettive; un’attività di recupero non solo antieconomica per gli importi irrisori ma anche impossibile da effettuare ai sensi dell’art. 3, comma 10, del D.L. n. 16/2012 (convertito nella Legge n. 44/2012), che dal 1° luglio 2012 non consente di accertare e riscuotere crediti relativi a tributi locali inferiori a 30 euro.
In definitiva, in base a quanto disposto dall’art. 4 citato, unico soggetto passivo dell’imposta è colui che pernotta nelle strutture ricettive e nessuna responsabilità fiscale ricade sugli albergatori.

Avv. Maurizio Villani

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