QUI SI PARLA DI DISASTRO. QUI SI PARLA DI MORTE!

Bloccati alcuni impianti dell’ILVA tarantina, dietro il sequesto voluto dalla Procura, i quali sono ritenuti i più pericolosi in tema di inquinamento ambientale. Immediatamente si eleva la protesta degli oltre 7.000 dipendenti del più grande stabilimento siderurgico dell’Europa. Protesta questa, legittima tra l’altro, a difesa dell’occupazione nel momento in cui il patron Emilio Riva può decidere, da un momento all’altro, di trasferire il ciclo produttivo di alcuni minerali in qualche altra parte del mondo. Anche questo, è un altro discorso. Tanti discorsi messi assieme non portano certo alla soluzione del problema Ilva a Taranto. Quello che è emerso dall’inchiesta della Magistratura nelle sue indagini è il disastro ambientale, con la nota del gip di Taranto Patrizia Todisco che nell’ordinanza di sequestro, di alcuni reparti dell’Ilva, scrive testuali parole: «Chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza». Credo che un’ affermazione, attenta e oculata come questa, lascia ben pochi dubbi. Sono stati ignorati i più elementari diritti alla salute con estrema volontà, dicasi anche con strafottenza, e tra l’altro c’è una tirata d’orecchi verso i sindacati, implicita, quando il gip parla che “sono state calpestate le più elementari regole di sicurezza”. Quindi abbiamo una realtà che non è nata da un giorno all’altro, ma ben sì da diversi anni, se non addirittura da decenni. E già, perche qui bisogna vedere chi ha avuto le sue responsabilità dirette, e ci sono, ma sul banco degli imputati devono salire quelli che oggi hanno organizzato la manifestazione dei 5000 operai i quali manifestavano, giustamente, contro la paura di perdere il proprio lavoro. Dov’erano in tutti questi passati anni, partiti e sindacati? Ce lo dicano. Hanno smarrito il loro ruolo, importantissimo, di difesa sì dell’occupazione ma, su tutto, di difesa dell’ambiente in cui vivono gli occupati. E tra l’altro, e questo non bisogna scordarlo affatto, che Taranto non è solo l’ILVA. Taranto è anche altro. Inquinare una città, tollerato anche questo dai manifestanti di ieri, non dà diritto a intossicare le altre centinaia di migliaia di tarantini che con l’Ilva hanno ben poco da spartire. Qui credo che si cerca di far passare la problematica dell’occupazione su tutto, su ogni cosa, addirittura sul disastro ambientale, reato ipotizzato dalla Procura. Il disastro ambientale ha solo una parola al suo fianco: morte. E in questa logica, illogica, deve passare tutto in virtù delle 7000 unità lavorative o di altre migliaia occupate nell’indotto siderurgico? Ma stiamo impazzendo? Ma davvero questa logica deve regnare? Taranto oggi è una città che sta morendo, lentamente, e la colpa è di quelli che hanno amministrato la città jonica negli anni passati portando il dissesto economico in una città che aveva già di suo moltissimi problemi, sociali su tutto. La magistratura fa il suo compito, la politica faccia il suo e non invada un campo che non è il suo. Il campo suo era ben altro e su quel campo è che ha perso la partita. E l’ha persa di brutto.
Giovanni Caforio

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