ILVA SUL BANCO DEGLI IMPUTATI. ACCUSE: DISASTRO COLPOSO E DOLOSO, AVVELENAMENTO DI SOSTANZE ALIMENTARI, DANNEGGIAMENTO AGGRAVATO DI BENI PUBBLICI, SVERSAMENTO DI SOSTANZE PERICOLOSE, INQUINAMENTO ATMOSFERICO E OMISSIONE DOLOSA DI CAUTELE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO

ILVA SUL BANCO DEGLI IMPUTATI. ACCUSE: DISASTRO COLPOSO E DOLOSO, AVVELENAMENTO DI SOSTANZE ALIMENTARI, DANNEGGIAMENTO AGGRAVATO DI BENI PUBBLICI, SVERSAMENTO DI SOSTANZE PERICOLOSE, INQUINAMENTO ATMOSFERICO E OMISSIONE DOLOSA DI CAUTELE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO

Il rischio chiusura è dietro l’angolo e rimane poco tempo per scongiurarlo. Due pessime notizie per l’Ilva di Taranto, il più grande stabilimento siderurgico d’Europa che la Procura tarantina ha messo sotto accusa.

I magistrati ipotizzano, contro cinque fra ex vertici e funzionari, i reati di disastro colposo e doloso, avvelenamento di sostanze alimentari, danneggiamento aggravato di beni pubblici, sversamento di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. La chiusura dell’inchiesta sarebbe imminente. E con la rilettura complessiva degli atti è possibile che la procura abbia chiesto provvedimenti al giudice delle indagini preliminari Patrizia Todisco. Per esempio il sequestro dell’area a caldo, la più inquinante dello stabilimento nella quale lavorano circa cinquemila persone. L’ipotesi che su richiesta dei pubblici ministeri il gip possa concedere il sequestro, quindi la chiusura di una parte dell’Ilva, è quantomai probabile dati gli esiti delle due perizie nelle mani del gip. Ottocento pagine che dipingono un quadro drammatico, che parlano di «un eccesso di mortalità per patologia tumorale», di un «eccesso di ricoveri per cause tumorali, cardiovascolari e respiratorie » o di una «compromissione dello stato di salute degli operai». Che la situazione possa degenerare dal punto di vista occupazionale e sociale sembra essere chiaro soprattutto alla politica che in questi giorni, con una corsa contro il tempo, sta moltiplicando gli sforzi per cercare una soluzione che possa evitare il possibile sequestro dell’impianto. Dopo quello di venerdì scorso, il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha convocato mercoledì un nuovo vertice tecnico per mettere a punto un documento sulla bonifica ambientale di Taranto (non soltanto Ilva) e individuare le risorse per intervenire.

Dopodiché giovedì (sempre a Roma) lo stesso Clini guiderà un incontro sul «caso Taranto» con il governatore pugliese Nichi Vendola e i ministri Corrado Passera e Fabrizio Barca. «Martedì in regione approveremo una normativa rivoluzionaria in tema ambientale» annuncia Vendola. Si riferisce a norme «più restrittive» che imporrebbero all’Ilva adeguamenti che il giudice potrebbe considerare sufficienti per non sequestrare gli impianti. «Non potrei immaginare nemmeno per gioco la chiusura di una fabbrica che dà da vivere a quasi ventimila persone» considera Vendola. «Dobbiamo lavorare tutti per rendere credibile l’equilibrio fra ambiente, lavoro, industria e salute ». L’eventuale chiusura dell’area a caldo lascerebbe senza lavoro cinquemila operai e però inciderebbe sull’intero ciclo produttivo dello stabilimento, quindi su tutti i dodicimila lavoratori dell’azienda tarantina e sugli altri seimila dell’indotto, da Genova a Marghera, da Racconigi a Novi Ligure. «Stiamo parlando d i un’azienda fra le più grandi del Paese» valuta l’ex prefetto di Milano e neopresidente dell’Ilva Bruno Ferrante. «La mia dev’essere una presenza di garanzia nei confronti di tutti: città, istituzione, regole e la stessa Ilva», dice, «una figura come lamia può favorire il dialogo ». Il nome di Ferrante arriva alla presidenza dell’Azienda dopo quelli del proprietario Emilio Riva e del figlio Nicola, tutti e due indagati (si sono dimessi). Inquisiti anche due capi- area e il direttore Luigi Capogrosso (si è dimesso pochi giorni fa). L’ex prefetto sa che dovrà fronteggiare mille problemi. Comincia da un concetto semplice: «Il primo dei messaggi che vorrei far passare è che l’Ilva non è contro Taranto. Siamo con la città».
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