INCONTRO CON VITTORIO VESPUCCI, IDEATORE DEL FILMATO “TARANTO. LA CITTA’ MALATA”

INCONTRO CON VITTORIO VESPUCCI, IDEATORE DEL FILMATO   “TARANTO. LA CITTA’ MALATA”

“Puntare sulla cultura e creare un polo universitario tecnologicamente avanzato e d’avanguardia risolverebbe il problema della fuga dei cervelli e contribuirebbe a progettare la Taranto del futuro”

 

Vittorio Vespucci. E’ possibile che se lei non avesse mai filmato Taranto, città malata, nessuno avrebbe mai saputo che l’I.L.V.A. emette gas cancerogeni?

Taranto, città malata, per più di un anno al primo posto delle classifiche dei video di RepubblicaTV, ha contribuito sicuramente a focalizzare l’interesse dell’opinione pubblica sul problema ambientale più grave d’Europa. Infatti è stato il primo viral video pubblicato su internet che ha sintetizzato, in tre minuti, i mali causati all’ambiente dalla grande industria. Questo dimostra quanto siano sviluppate le potenzialità della comunicazione in rete, se si sa sfruttare adeguatamente questo mezzo. I problemi ambientali di Taranto sono stati colpevolmente sottaciuti per troppo tempo. Internet ha contribuito e sta contribuendo a sviscerarli, superando le  barriere comunicative che hanno in passato fatto da filtro nei confronti di questo, ma anche di tanti altri scandali dei quali l’opinione pubblica non sarebbe mai stata messa al corrente. Quando poi internet lavora in sinergia con i mass media tradizionali l’effetto può essere dirompente.

Nei suoi video però malgrado lo spirito polemico non smette di vedere del positivo nella popolazione. Spesso ha ribadito di aver visto della rassegnazione ma anche tanta voglia di fare e di cambiare. Ci può dare esempi concreti?

Può sembrare strano che in una città come Taranto ci sia qualcosa di positivo. Eppure, nel corso delle riprese e durante le proiezioni dei miei documentari, ho conosciuto tante persone che mi hanno trasmesso un entusiasmo incredibile. A Taranto ci sono le associazioni ambientaliste che operano con passione e competenza, ci sono centinaia di volontari della Protezione Civile del Comune che mettono a disposizione della collettività il proprio tempo libero, ci sono medici che dedicano la propria vita allo studio e alla cura delle neoplasie infantili. Esistono poi, in altri campi, realtà che non sono seconde a nessuno. Basti pensare allo sport e all’ultimo scudetto conquistato dal C.R.A.S. Taranto, la squadra più forte d’Italia nel basket femminile. Amo paragonare queste realtà a teneri germogli che spuntano in un campo apparentante arido. Bisogna solo favorire la loro proliferazione, impedendo alle forze avverse di inibire il loro sviluppo. Sono convinto che, continuando su questa strada, un cambiamento ci sarà. Si sta lentamente lasciando da parte quello che definirei il classico lagnismo meridionale. La gente comincia a pretendere la qualità della vita. Il cammino è però impervio e pieno di ostacoli.

Cosa si potrebbe fare per evitare la terribile scelta tra lavorare o lasciarsi avvelenare?

Quando la gente vuole esprimersi direttamente, come in questo caso, è il segnale che le istituzioni hanno fallito. E’ l’ora di compiere delle scelte coraggiose,  con l’occhio puntato alla salvaguardia dell’anello più debole del sistema produttivo, il lavoratore. A Taranto ci vogliono interventi straordinari, leggi speciali che ancora non si vedono. Ho conosciuto persone del quartiere Tamburi che hanno avuto la famiglia sterminata dal cancro, che hanno i figli malati di leucemia o che non hanno le possibilità economiche di andare a vivere altrove. Ho parlato con operai che, avendo lavorato per anni a contatto con l’amianto, tremano al primo colpo di tosse. Ho ascoltato la storia di ragazzi irrimediabilmente segnati da incidenti sul lavoro. Ho visto la rabbia dipinta sul viso degli allevatori che hanno visto la propria azienda distrutta dall’arroganza di chi detiene il diritto di avvelenare. Sacrifici di intere generazioni andati in fumo. Il ricatto occupazionale è immorale, come è immorale il comportamento di quei politici che, colpevolmente, hanno nicchiato e continuano a farlo.

Come salvaguardare i posti di lavoro?

E’ stato preventivato che per le eventuali operazioni di bonifica delle aree industriali potrebbe servire manodopera in quantità pari a quella attualmente impiegata all’I.L.V.A. Occorre poi che si completino determinate opere infrastrutturali, come la bretella di collegamento all’autostrada, e si doti la città di collegamenti degni di questo nome. Bisognerà sviluppare la retroportualità, mediante un distripark degno di questo nome dove possano essere svolte attività manifatturiere per trasformare semilavorati in prodotti finiti.
Ma queste sono solo delle mie idee. Dovrà essere la politica a sbrogliare questa matassa, trovando delle soluzioni adeguate, seguendo l’esempio di quanto è stato fatto per gli altri stabilimenti analoghi che sono stati smantellati.

Chiudere la fabbrica oppure optare per una conversione sono operazioni che necessitano di tempo e non daranno effetti positivi immediati. L’incuria ed il menefreghismo collettivo hanno compromesso la situazione. Che cosa  si può fare?

Continuare a lavorare per un futuro migliore, con determinazione e con coraggio. I danni sono ingenti, ma proprio per questo la parte sana della città deve moltiplicare le forze e pretendere il rispetto per un’intero territorio e per la sua gente.

Nel video Con disprezzo e con amore ha toccato altri temi oltre l’inquinamento: l’università, il degrado di alcuni quartieri, la mitilicoltura ed il lavoro in nero: quale ha l’urgenza assoluta?

Tanti problemi hanno un comune denominatore: il degrado socio-culturale della città. Lo sviluppo del sistema universitario tarantino è la priorità assoluta. Dove c’è cultura ci sono sviluppo e benessere, e gli altri problemi tendono automaticamente a risolversi. E’ assurdo, secondo me, che Taranto non abbia ancora un’università autonoma, indipendente dall’ateneo barese. Puntare sulla cultura e creare un polo universitario tecnologicamente avanzato e d’avanguardia risolverebbe il problema della fuga dei cervelli e contribuirebbe a progettare la Taranto del futuro.

Qualcuno Le ha mai fatto pesare il fatto che non vivendo più a Taranto non vive direttamente le contraddizioni della città?
Si. Non per nulla mi avvalgo della collaborazione di Monica Nitti, che vive in prima persona la città e che è riuscita a trasmettere, nei lavori che abbiamo fatto insieme, elementi caratteristici che altrimenti sarebbero andati persi. Tuttavia, per alcuni aspetti, mi considero un osservatore privilegiato poiché, guardando la città dall’esterno ma conoscendola perchè ci sono nato e sporadicamente la frequento, riesco a cogliere determinate sfumature che dall’interno sono invisibili.

Perché a Taranto non è mai esistita una politica di valorizzazione del territorio ed è diventata I.L.V.A – dipendente?

Leggendo gli appunti di viaggio di Carlo Ulisse de Salis Marschlins possiamo constatare che, già nel 1789, la città era apatica e male organizzata. Le origini dei problemi di Taranto sono da ricercare quindi nella storia di questa città.  Nel passato più recente  prima la marina militare e il suo arsenale, poi l’Italsider, l’hanno tenuta legata ad un cordone ombellicale mai reciso. Questa dipendenza ha inibito l’iniziativa privata e ha reso la città incapace di progettare se stessa e di programmare il proprio futuro. Ha estinto intere categorie di lavoratori, che hanno preferito l’Italsider perchè immediata fonte di reddito e non hanno investito nella crescita loro attività. Quando visito Taranto mi rendo conto che è una città-industria-caserma. Ho parlato a lungo, durante le riprese di Con disprezzo e con amore , con i giovani tarantini. Trovo avvilente che la  massima aspirazione di molti studenti sia quella di indossare una divisa.

Come mai lasciò Taranto?

Nella vita, a volte, si sente l’esigenza di cambiare, di rimettersi in discussione per trovare nuovi stimoli. La città nella quale attualmente vivo, Treviso, è l’opposto di Taranto da tutti i punti di vista: la luce è diversa, i profumi sono diversi, le atmosfere sono diverse. Pochi giorni fa mi son fermato ad osservare lo scorrere delle acque dove Sile e Cagnan s’accompagna, nel luogo dove sorge  il monumento a Dante Alighieri. Ho riflettuto sulla gente veneta, su quanto siano orgogliosi i trevigiani del proprio passato, delle proprie tradizioni, della propria lingua. E su quanto siano autonomi, di come siano stati capaci di creare ricchezza dal proprio lavoro, senza chiedere niente a nessuno. Credo che bisognerebbe prendere esempio da loro, ci sono degli stili di comportamento sociale che andrebbero adottati dappertutto. Continuo comunque a mantenere vivo il mio rapporto con Taranto e, se posso, trascorro volentieri qualche giorno di vacanza nella villa dei miei anziani genitori, vicino al mare. Non escludo, magari tra un pò di anni, di spostare in riva allo Ionio i miei interessi.

Per quale ragione un giovane dovrebbe rimanere a Taranto a cercare d’inventarsi un lavoro e a sopportare un’aria inquinata quando, in fin dei conti, potrebbe fare come Lei e cercare fortuna presso nuovi lidi?
Ai giovani consiglio di costruire il proprio futuro dove sia possibile esprimere al meglio le proprie potenzialità, ma senza rinnegare le origini. Io stesso, pur vivendo in altri luoghi, cerco di dare, quando posso, il mio contributo per la città che mi ha dato i natali. Attualmente, se fossi un giovane tarantino, cercherei di fare impresa sfruttando le potenzialità di internet, che sono enormi.

Immagino che Internet l’abbia aiutata a farsi conoscere presso un pubblico giovane. Come mantiene un dialogo con il pubblico meno avvezzo a usare il computer?

Negli ultimi tempi l’età media degli utenti della rete sta crescendo. Ricevo, tramite e.mail, attestazioni di stima da molte persone over sessanta, più di quanto si possa immaginare. Ho anche stretto amicizia con alcuni di loro, con i quali ho frequenti scambi di opinione e che mi hanno fornito qualche spunto interessante. All’ultima proiezione di Con disprezzo e con amore, alla quale ho presenziato, c’erano  numerosi anziani, con i quali mi sono fermato volentieri a parlare dei problemi di Taranto, dei loro disagi e delle preoccupazioni riguardo il futuro dei propri nipoti.

Il problema della diossina a Taranto è gravissimo e pur riguardando direttamente solamente Taranto e provincia meriterebbe di avere un’attenzione nazionale. I suoi video hanno sensibilizzato il Nord nei nostri confronti?

Monica Nitti, direttore di produzione di Con disprezzo e con amore, è attualmente in contatto con alcune strutture del Nord Italia per concordare le date in cui effettuare alcune proiezioni del documentario. In questo momento perticolare il Nord Italia è chiuso in se stesso, alla ricerca di un’identita che possa differenziarlo dal resto del Paese. I problemi del Sud vengono visti come qualcosa di lontano, di distante. Nonostante ciò ho ricevuto molti contatti da parte di persone incredule, che non immaginavano che, nel mondo civile, potesse esistere una realtà drammatica dal punto di vista ambientale come quella di Taranto.

viv@voce

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